Se il tema della transizione in campo energetico è ormai trasversale ad ogni comparto industriale, in quello dell’Oil&Gas esso ha un impatto ancora più rilevante perché se, da un lato, impegna le compagnie petrolifere verso una frontiera completamente nuova che è quella delle energie rinnovabili (alla ricerca di future fonti di profitto) (Okeke, 2021; Fusco e Sampaolo, 2015), dall’altro lato, la prosecuzione delle attività di estrazione (di petrolio e gas) procede nella maggior parte dei casi secondo modalità e dinamiche di sfruttamento che sembrano appartenere alle vecchie logiche di subordinazione dei territori, ora agli interessi nazionali (indipendenza energetica, aumento dei consumi, ecc.) ora agli interessi occupazionali a livello locale. Il caso della Basilicata e dell’attività estrattiva che qui ha luogo dalla metà degli anni 90 del secolo scorso è paradigmatico di questa controverso approccio al tema della sostenibilità da parte delle compagnie petrolifere (Alliegro, 2014; Bubbico, 2016a; 2016b). Va detto, tuttavia, che tale attività fatta eccezione per il Sud Italia e la Norvegia e pochi altri contesti non ha altre presenze significative in Europa. Nel caso italiano si tratta di un’attività non del tutto nuova considerate le preesistenti attività nel mare di Sicilia (Hytten e Marchioni, 1970) o in quello Adriatico (ancora presenti), e nella stessa Basilicata a partire dalla fine degli anni 50 con l’estrazione di gas e metano in Val Basento (Ferrarese, 2021). In questi anni il rapporto tra la transizione energetica e le attività estrattive ancora presenti sul territorio nazionale è rimasto imprigionato negli interessi dell’industria di Stato (l’Eni). Lo si è visto in occasione della Strategia Energetica Nazionale (SEN) così come nei provvedimenti che interessano periodicamente il tema delle autorizzazioni e del potenziamento delle attività estrattive (di gas e petrolio), “condizionate” ancora di recente dalle decisioni in materia di approvvigionamento energetico in seguito alla guerra russo-ucraina. Il tema della transizione in campo energetico va detto non sta determinando a livello mondiale una riduzione degli investimenti delle compagnie nello sfruttamento degli idrocarburi. Il caso della Basilicata è da questo punto di vista interessante rispetto alle caratteristiche del territorio, al comporta- mento della compagnia (interessata da un processo per disastro ambientale e altri reati) e ad un territorio fortemente investito da nuovi investimenti sulle FER (Scotti, 2022). La proposta che avanziamo intende fare il punto su queste controverse dinamiche che se mostrano un’azienda sempre più focalizzata sul tema della transizione energetica nei suoi piani industriali a livello internazionale, in Basilicata resta ancorata a investimenti tradizionali nei settore dell’Oil&Gas (Bubbico, 2022).
La controversa transizione energetica dell’industria petrolifera: il caso dell’Eni in Basilicata
D. BUBBICO
2024-01-01
Abstract
Se il tema della transizione in campo energetico è ormai trasversale ad ogni comparto industriale, in quello dell’Oil&Gas esso ha un impatto ancora più rilevante perché se, da un lato, impegna le compagnie petrolifere verso una frontiera completamente nuova che è quella delle energie rinnovabili (alla ricerca di future fonti di profitto) (Okeke, 2021; Fusco e Sampaolo, 2015), dall’altro lato, la prosecuzione delle attività di estrazione (di petrolio e gas) procede nella maggior parte dei casi secondo modalità e dinamiche di sfruttamento che sembrano appartenere alle vecchie logiche di subordinazione dei territori, ora agli interessi nazionali (indipendenza energetica, aumento dei consumi, ecc.) ora agli interessi occupazionali a livello locale. Il caso della Basilicata e dell’attività estrattiva che qui ha luogo dalla metà degli anni 90 del secolo scorso è paradigmatico di questa controverso approccio al tema della sostenibilità da parte delle compagnie petrolifere (Alliegro, 2014; Bubbico, 2016a; 2016b). Va detto, tuttavia, che tale attività fatta eccezione per il Sud Italia e la Norvegia e pochi altri contesti non ha altre presenze significative in Europa. Nel caso italiano si tratta di un’attività non del tutto nuova considerate le preesistenti attività nel mare di Sicilia (Hytten e Marchioni, 1970) o in quello Adriatico (ancora presenti), e nella stessa Basilicata a partire dalla fine degli anni 50 con l’estrazione di gas e metano in Val Basento (Ferrarese, 2021). In questi anni il rapporto tra la transizione energetica e le attività estrattive ancora presenti sul territorio nazionale è rimasto imprigionato negli interessi dell’industria di Stato (l’Eni). Lo si è visto in occasione della Strategia Energetica Nazionale (SEN) così come nei provvedimenti che interessano periodicamente il tema delle autorizzazioni e del potenziamento delle attività estrattive (di gas e petrolio), “condizionate” ancora di recente dalle decisioni in materia di approvvigionamento energetico in seguito alla guerra russo-ucraina. Il tema della transizione in campo energetico va detto non sta determinando a livello mondiale una riduzione degli investimenti delle compagnie nello sfruttamento degli idrocarburi. Il caso della Basilicata è da questo punto di vista interessante rispetto alle caratteristiche del territorio, al comporta- mento della compagnia (interessata da un processo per disastro ambientale e altri reati) e ad un territorio fortemente investito da nuovi investimenti sulle FER (Scotti, 2022). La proposta che avanziamo intende fare il punto su queste controverse dinamiche che se mostrano un’azienda sempre più focalizzata sul tema della transizione energetica nei suoi piani industriali a livello internazionale, in Basilicata resta ancorata a investimenti tradizionali nei settore dell’Oil&Gas (Bubbico, 2022).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.