Questo saggio intende rappresentare le origini del teatro in Venezuela, databili intorno agli inizi del XIX secolo (Rojas Uzcátegui 1986; Arellano, Rodríguez Garrido 2008), cioè quando l’indipendenza dall’Impero spagnolo non si era ancora realizzata ma i concreti fermenti rivoluzionari anticipavano dei cambiamenti politico-sociali che avrebbero trasformato per sempre il destino del paese caraibico. Mentre nel 1784 il governatore Manuel Torres de Navarra offriva a Caracas il teatro Coliseo, tra la qualità degli spettacoli che doveva essere davvero pessima se si tiene conto delle due speciali testimonianze di Humboldt (1987 [1814-1815]: 133) e Depons (1987 [1806]: 121), la Venezuela consolada (1981 [1804]) di Andrés Bello spiccava come il primo dramma scritto e rappresentato a Caracas e come l’opera con cui si indica generalmente la data di inizio del teatro nazionale nel paese, riformando di fatto le pessime rappresentazioni che fino a quel momento erano state offerte da attori di scarsa capacità. Il personaggio allegorico Venezuela era immerso in una grande desolazione a causa della terribile malattia, il vaiolo, che lo stava devastando, allegoria storica della necessità della separazione politica dalla madrepatria, senza però interrompere l’osmosi culturale tra i due lati dell’oceano. Mancavano ancora alcuni anni e l’indipendenza avrebbe dovuto percorrere l’intricata strada di decenni di sofferenze, di fughe in Europa e di ritorni in patria prima di poter essere considerata tale. Molti intellettuali latinoamericani –come Andrés Bello– vollero maturare l’esigenza della loro originalità di essere americani per comprendere il bisogno di differenziarsi dalla madrepatria. Ma forse la ricchezza della cultura ispanica è proprio questa: essere originali in un’unità che non può essere soppressa.
Origini e paradossi del teatro nazionale in Venezuela: Venezuela consolada di Andrés Bello
Colucciello, Mariarosaria;Scocozza, Antonio
2025
Abstract
Questo saggio intende rappresentare le origini del teatro in Venezuela, databili intorno agli inizi del XIX secolo (Rojas Uzcátegui 1986; Arellano, Rodríguez Garrido 2008), cioè quando l’indipendenza dall’Impero spagnolo non si era ancora realizzata ma i concreti fermenti rivoluzionari anticipavano dei cambiamenti politico-sociali che avrebbero trasformato per sempre il destino del paese caraibico. Mentre nel 1784 il governatore Manuel Torres de Navarra offriva a Caracas il teatro Coliseo, tra la qualità degli spettacoli che doveva essere davvero pessima se si tiene conto delle due speciali testimonianze di Humboldt (1987 [1814-1815]: 133) e Depons (1987 [1806]: 121), la Venezuela consolada (1981 [1804]) di Andrés Bello spiccava come il primo dramma scritto e rappresentato a Caracas e come l’opera con cui si indica generalmente la data di inizio del teatro nazionale nel paese, riformando di fatto le pessime rappresentazioni che fino a quel momento erano state offerte da attori di scarsa capacità. Il personaggio allegorico Venezuela era immerso in una grande desolazione a causa della terribile malattia, il vaiolo, che lo stava devastando, allegoria storica della necessità della separazione politica dalla madrepatria, senza però interrompere l’osmosi culturale tra i due lati dell’oceano. Mancavano ancora alcuni anni e l’indipendenza avrebbe dovuto percorrere l’intricata strada di decenni di sofferenze, di fughe in Europa e di ritorni in patria prima di poter essere considerata tale. Molti intellettuali latinoamericani –come Andrés Bello– vollero maturare l’esigenza della loro originalità di essere americani per comprendere il bisogno di differenziarsi dalla madrepatria. Ma forse la ricchezza della cultura ispanica è proprio questa: essere originali in un’unità che non può essere soppressa.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.