La ricerca ha preso avvio con l’obiettivo ricomporre e ripercorrere l’evoluzione del paesaggio urbano delle pendici nord-orientali del Palatino con un focus sul sito occupato, a partire dal periodo severiano, da un edificio con cortile noto in letteratura con il nome di “Terme di Elagabalo”. Quest’ultimo ha rappresentato una sorta di “campione” per il quale si è tentata la messa a punto di un sistema di smontaggio e rimontaggio del costruito seguendo da una parte la chaine operatoire del cantiere del III secolo d.C. e dall’altra l’approvvigionamento dei singoli elementi costruttivi. La complessa sequenza riportata in luce durante la lunga storia di indagini archeologiche vede la sovrapposizione di interi isolati pertinenti a diversi assetti urbanistici e monumentali a loro volta obliterati da interventi posteriori e/o dalle continue spoliazioni in età medievale e moderna fino ad essere parzialmente o interamente asportati dagli sterri ottocenteschi e novecenteschi. Le trasformazioni intervenute sul paesaggio hanno interessato non solo la componente antropica ma anche l’ambiente naturale che fin dalle origini condizionò i vari sistemi urbanistici e monumentali. Sul piano metodologico la ricerca si è concentrata sullo studio dell’impianto geologico e geomorfologico del sito e sul rapporto tra ambiente naturale e soluzioni insediative. Come si presentava la pendice nord-orientale al momento delle prime testimonianze antropiche? In che modo e a quale scopo l’uomo l’ha modificata? Quale rapporto funzionale esisteva tra l’ambiente, le infrastrutture e strutture rinvenute nelle stratigrafie? In che modo i vari sistemi urbanistici e architettonici sono stati condizionati dalle forme del paesaggio naturale? Quali sono stati gli interventi decisivi che ci hanno restituito il paesaggio tuttora visibile? Quali strategie e soluzioni costruttive sono state utilizzate? Per rispondere a tali domande il progetto di ricerca si è mosso su diversi livelli in un continuo confronto tra macro e microsistema: dallo studio del paesaggio all’analisi puntuale dei dati archeologici. La lunga tradizione di studi sulla formazione geologica del sistema collinare di Roma, i dati relativi alla geologia e geomorfologia del Palatino e i risultati delle indagini archeologiche presso le pendici nord-orientali del colle e sulla terrazza di Vigna Barberini hanno costituito la base documentaria dalla quale estrapolare informazioni utili alla comprensione e rappresentazione di un quadro topografico generale riferito alla pendice palatina nelle varie fasi. A questi si sono sommati i dati di dettaglio emersi dall’analisi del cantiere costruttivo e delle strutture dell’edificio severiano delle c.d. “Terme di Elagabalo” potendo così inserire l’attività edilizia severiana sulla pendice nordorientale all’interno di un contesto topografico caratterizzato da vincoli ambientali, urbanistici e architettonici di lunga durata. I dati raccolti sono gestiti all’interno di un sistema informativo archeologico appositamente sviluppato e per i quali sono state messe a punto procedure dedicate per la registrazione, l’analisi e la trasmissione delle informazioni tramite l’utilizzo di database, applicativi e formati open-source. In particolare, per quando riguarda gli aspetti di condivisione e fruizione dei dati, l’intero sistema è già preconfigurato per essere trasferito su una piattaforma webGIS nell’ottica di rendere aperto e accessibile (open and public) l’intero dataset. A partire dalla caratterizzazione del substrato geologico del Palatino e attraverso le principali trasformazioni intervenute sulle pendici nord-orientali del colle dall’età protostorica al III secolo d.C., 2 si sono tracciate una serie di tendenze che hanno caratterizzato gli interventi dell’uomo nella lunga storia del sito. La morfologia dell’area con le sue pendenze condizionò le scelte insediative già a partire dall’età protostorica determinando la necessità di ottenere piani grosso modo orizzontali, tagliando e contraffortando il pendio sia in senso E-W sia in senso N-S. A questa configurazione si adattarono tutti gli edifici sino all’età severiana, disponendo i loro vani su livelli progressivamente più alti, asportando qualunque preesistenza nella zona occidentale, più rilevata, dove le strutture di età imperiale risultano a diretto contatto con il banco geologico, ed eliminando i dislivelli nella parte orientale con colmate di notevole spessore, che hanno conservato di conseguenza sequenze più lunghe e articolate. L’insistenza con cui sugli stessi luoghi si assiste alla successione di impianti urbanistici e monumentali ha determinato inoltre la quasi totale cancellazione delle forme del paesaggio originario. Per quanto riguarda l’analisi dell’edificio delle c.d. “Terme di Elagabalo”, l’attività sul campo ha previsto la realizzazione di nuovi rilievi relativi ai palinsesti murari del complesso severiano per i quali si sono sperimentate tecniche di rilievo tridimensionale come la fotogrammetria terrestre closerange e da drone. Queste tecniche sono state calibrate sulla base di due scale di analisi differenziate: da una parte lo studio generale delle componenti architettoniche del complesso e dall’altro l’analisi di dettaglio dei campioni di paramento. Accanto alle attività di rilievo si è proceduto alla schedatura delle strutture, secondo i più moderni criteri dell’archeologia dell’architettura: tutti i dati raccolti sono confluiti all’interno di una struttura di dati specificamente realizzata per l’analisi del costruito ma integrata all’interno del sistema informativo dedicato allo studio più ampio del paesaggio. Dall’analisi dei campioni di paramento è emerso un dato rilevante riguardo la sequenza costruttiva del complesso delle c.d. “Terme di Elagabalo” che credo si possa ora attribuire con certezza alla prima campagna di interventi severiani (191/192-210/2018 d.C.). Le analogie riscontrate sia nei materiali che nella modalità di messa in opera tra i pilastri e le strutture delle c.d. “Terme di Elagabalo” indica infatti, se non la contemporaneità (la vasca per lo spegnimento della calce presuppone una pausa), una certa consequenzialità potendo difatti disporre degli stessi lotti di materiale e probabilmente delle stesse maestranze al lavoro. A partire da queste considerazioni ritengo che la costruzione dell’edifico delle c.d. “Terme di Elagabalo” sia da porre in relazione l’attività edilizia di Settimio Severo: l’edificio sarebbe stato quindi concluso forse già prima del 204 d.C. e molto difficilmente oltre il 211 d.C. Infine, l’analisi dedicata alle quantificazioni dei laterizi delle cortine ha visto la messa a punto di una serie di procedure che sfruttando le funzioni di calcolo e di analisi in GIS si auspica possano contribuire allo sviluppo di nuove ricerche condotte con metodi rigorosi nell’ambito dello studio dell’architettura romana in laterizi. [a cura dell'Autore]

Formazione - trasformazione - rappresentazione di un paesaggio urbano: le pendici nord-orientali del Palatino e l’area delle c.d. "Terme di Elagabalo" / Lorenzo Fornaciari , 2022 Oct 04., Anno Accademico 2020 - 2021. [10.14273/unisa-5503].

Formazione - trasformazione - rappresentazione di un paesaggio urbano: le pendici nord-orientali del Palatino e l’area delle c.d. "Terme di Elagabalo"

Fornaciari, Lorenzo
2022

Abstract

La ricerca ha preso avvio con l’obiettivo ricomporre e ripercorrere l’evoluzione del paesaggio urbano delle pendici nord-orientali del Palatino con un focus sul sito occupato, a partire dal periodo severiano, da un edificio con cortile noto in letteratura con il nome di “Terme di Elagabalo”. Quest’ultimo ha rappresentato una sorta di “campione” per il quale si è tentata la messa a punto di un sistema di smontaggio e rimontaggio del costruito seguendo da una parte la chaine operatoire del cantiere del III secolo d.C. e dall’altra l’approvvigionamento dei singoli elementi costruttivi. La complessa sequenza riportata in luce durante la lunga storia di indagini archeologiche vede la sovrapposizione di interi isolati pertinenti a diversi assetti urbanistici e monumentali a loro volta obliterati da interventi posteriori e/o dalle continue spoliazioni in età medievale e moderna fino ad essere parzialmente o interamente asportati dagli sterri ottocenteschi e novecenteschi. Le trasformazioni intervenute sul paesaggio hanno interessato non solo la componente antropica ma anche l’ambiente naturale che fin dalle origini condizionò i vari sistemi urbanistici e monumentali. Sul piano metodologico la ricerca si è concentrata sullo studio dell’impianto geologico e geomorfologico del sito e sul rapporto tra ambiente naturale e soluzioni insediative. Come si presentava la pendice nord-orientale al momento delle prime testimonianze antropiche? In che modo e a quale scopo l’uomo l’ha modificata? Quale rapporto funzionale esisteva tra l’ambiente, le infrastrutture e strutture rinvenute nelle stratigrafie? In che modo i vari sistemi urbanistici e architettonici sono stati condizionati dalle forme del paesaggio naturale? Quali sono stati gli interventi decisivi che ci hanno restituito il paesaggio tuttora visibile? Quali strategie e soluzioni costruttive sono state utilizzate? Per rispondere a tali domande il progetto di ricerca si è mosso su diversi livelli in un continuo confronto tra macro e microsistema: dallo studio del paesaggio all’analisi puntuale dei dati archeologici. La lunga tradizione di studi sulla formazione geologica del sistema collinare di Roma, i dati relativi alla geologia e geomorfologia del Palatino e i risultati delle indagini archeologiche presso le pendici nord-orientali del colle e sulla terrazza di Vigna Barberini hanno costituito la base documentaria dalla quale estrapolare informazioni utili alla comprensione e rappresentazione di un quadro topografico generale riferito alla pendice palatina nelle varie fasi. A questi si sono sommati i dati di dettaglio emersi dall’analisi del cantiere costruttivo e delle strutture dell’edificio severiano delle c.d. “Terme di Elagabalo” potendo così inserire l’attività edilizia severiana sulla pendice nordorientale all’interno di un contesto topografico caratterizzato da vincoli ambientali, urbanistici e architettonici di lunga durata. I dati raccolti sono gestiti all’interno di un sistema informativo archeologico appositamente sviluppato e per i quali sono state messe a punto procedure dedicate per la registrazione, l’analisi e la trasmissione delle informazioni tramite l’utilizzo di database, applicativi e formati open-source. In particolare, per quando riguarda gli aspetti di condivisione e fruizione dei dati, l’intero sistema è già preconfigurato per essere trasferito su una piattaforma webGIS nell’ottica di rendere aperto e accessibile (open and public) l’intero dataset. A partire dalla caratterizzazione del substrato geologico del Palatino e attraverso le principali trasformazioni intervenute sulle pendici nord-orientali del colle dall’età protostorica al III secolo d.C., 2 si sono tracciate una serie di tendenze che hanno caratterizzato gli interventi dell’uomo nella lunga storia del sito. La morfologia dell’area con le sue pendenze condizionò le scelte insediative già a partire dall’età protostorica determinando la necessità di ottenere piani grosso modo orizzontali, tagliando e contraffortando il pendio sia in senso E-W sia in senso N-S. A questa configurazione si adattarono tutti gli edifici sino all’età severiana, disponendo i loro vani su livelli progressivamente più alti, asportando qualunque preesistenza nella zona occidentale, più rilevata, dove le strutture di età imperiale risultano a diretto contatto con il banco geologico, ed eliminando i dislivelli nella parte orientale con colmate di notevole spessore, che hanno conservato di conseguenza sequenze più lunghe e articolate. L’insistenza con cui sugli stessi luoghi si assiste alla successione di impianti urbanistici e monumentali ha determinato inoltre la quasi totale cancellazione delle forme del paesaggio originario. Per quanto riguarda l’analisi dell’edificio delle c.d. “Terme di Elagabalo”, l’attività sul campo ha previsto la realizzazione di nuovi rilievi relativi ai palinsesti murari del complesso severiano per i quali si sono sperimentate tecniche di rilievo tridimensionale come la fotogrammetria terrestre closerange e da drone. Queste tecniche sono state calibrate sulla base di due scale di analisi differenziate: da una parte lo studio generale delle componenti architettoniche del complesso e dall’altro l’analisi di dettaglio dei campioni di paramento. Accanto alle attività di rilievo si è proceduto alla schedatura delle strutture, secondo i più moderni criteri dell’archeologia dell’architettura: tutti i dati raccolti sono confluiti all’interno di una struttura di dati specificamente realizzata per l’analisi del costruito ma integrata all’interno del sistema informativo dedicato allo studio più ampio del paesaggio. Dall’analisi dei campioni di paramento è emerso un dato rilevante riguardo la sequenza costruttiva del complesso delle c.d. “Terme di Elagabalo” che credo si possa ora attribuire con certezza alla prima campagna di interventi severiani (191/192-210/2018 d.C.). Le analogie riscontrate sia nei materiali che nella modalità di messa in opera tra i pilastri e le strutture delle c.d. “Terme di Elagabalo” indica infatti, se non la contemporaneità (la vasca per lo spegnimento della calce presuppone una pausa), una certa consequenzialità potendo difatti disporre degli stessi lotti di materiale e probabilmente delle stesse maestranze al lavoro. A partire da queste considerazioni ritengo che la costruzione dell’edifico delle c.d. “Terme di Elagabalo” sia da porre in relazione l’attività edilizia di Settimio Severo: l’edificio sarebbe stato quindi concluso forse già prima del 204 d.C. e molto difficilmente oltre il 211 d.C. Infine, l’analisi dedicata alle quantificazioni dei laterizi delle cortine ha visto la messa a punto di una serie di procedure che sfruttando le funzioni di calcolo e di analisi in GIS si auspica possano contribuire allo sviluppo di nuove ricerche condotte con metodi rigorosi nell’ambito dello studio dell’architettura romana in laterizi. [a cura dell'Autore]
4-ott-2022
Metodi e metodologie della ricerca archeologica e storico-artistica e dei sistemi territoriali
Archeologia dell'architettura
Palatino
Roma
Santoriello, Alfonso
Zuliani, Stefania
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/4923698
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