L’intervento penale nel settore tributario si caratterizza, nonostante la riforma di cui al d. lgs. n. 74 del 2000, per tutta una serie di peculiarità difficilmente rinvenibili nel diritto penale comune. Nonostante il provvedimento n. 74/2000 - che segna innegabili passi in avanti rispetto all’originario quadro normativo - permangono, ancora, ‘vistose eccezioni’ che finiscono per connotare il settore penal-tributario come un sotto-sistema che procede, spesso, in modo avulso dalle indicazioni costituzionali. Preliminare a qualunque soluzione, che voglia caratterizzarsi in termini di effettività, appare, metodologicamente corretto, individuare il fondamento coattivo del prelievo tributario e, quindi, il concetto di tributo. In tale ottica va inquadrata l’analisi: dei principi della potestà tributaria nonché i limiti al potere di imposizione dello Stato; della riserva di legge; della capacità contributiva; della progressività tributaria. L’analisi del quadro normativo antecedente la riforma del 2000 (l.n. 4/1929, decreti-legge degli anni ’70, l. n. 516/82), pone in risalto le incongruenze - sotto il profilo della carenza di efficacia a fronte dell’aggiramento dei principi costituzionali - connesse all'esasperato ampliamento dell'ambito del ‘penalmente rilevante’, attraverso il ricorso alla categoria del pericolo presunto. I principi ispiratori del nuovo sistema penale tributario (legge-delega n. 205/1999) cercano un difficile equilibrio tra esigenze della ragione fiscale e garanzie dell’individuo-contribuente. Si tratta di finalità solo in parte conseguite come si ricava dall’approfondimento delle single fattispecie incriminatrici del d.lgs. n. 74/200. Insoddisfacente appare, ancora, la redazione delle fattispecie incriminatici sotto il particolare profilo del rispetto del principio di tassatività-l’indeterminatezza dell’illecito penale per l’utilizzazione di locuzione vaghe e generiche (es. ‘altri documenti’, ‘altri atti fraudolenti’), nonché l’ampliamento dell’intervento penale in tema di ‘silenzio-assenso’, oppure con riferimento alla questione delle soglie di punibilità. Problemi che si accentuano in tema di trasferimento di funzioni nell’ambito delle strutture societarie, o nelle ipotesi di compartecipazione nel reato proprio omissivo. In una prospettiva di riforma funzionale alla riaffermazione di un binomio irriducibile: effettività/garanzia, si prevede, in primo luogo, la corretta individuazione del bene giuridico, che abbandonata l’idea della trasparenza fiscale, o degli interessi dell’Erario - in realtà rationes di tutela - viene colto nel patrimonio dello Stato. Discende da ciò la previsione di fattispecie incriminatrici rispettose del rispetto del principio di offensività (danno e/o pericolo concreto), redatte in termini chiari e tassativi, collocate all’interno del codice penale. Le esigenze di anticipazione della tutela vengono affidate al’ampia gamma di misure del sistema sanzionatorio amministrativo.

PRINCIPIOS DE DERECHO PENAL TRIBUTARIO

LO MONTE, Elio
2006-01-01

Abstract

L’intervento penale nel settore tributario si caratterizza, nonostante la riforma di cui al d. lgs. n. 74 del 2000, per tutta una serie di peculiarità difficilmente rinvenibili nel diritto penale comune. Nonostante il provvedimento n. 74/2000 - che segna innegabili passi in avanti rispetto all’originario quadro normativo - permangono, ancora, ‘vistose eccezioni’ che finiscono per connotare il settore penal-tributario come un sotto-sistema che procede, spesso, in modo avulso dalle indicazioni costituzionali. Preliminare a qualunque soluzione, che voglia caratterizzarsi in termini di effettività, appare, metodologicamente corretto, individuare il fondamento coattivo del prelievo tributario e, quindi, il concetto di tributo. In tale ottica va inquadrata l’analisi: dei principi della potestà tributaria nonché i limiti al potere di imposizione dello Stato; della riserva di legge; della capacità contributiva; della progressività tributaria. L’analisi del quadro normativo antecedente la riforma del 2000 (l.n. 4/1929, decreti-legge degli anni ’70, l. n. 516/82), pone in risalto le incongruenze - sotto il profilo della carenza di efficacia a fronte dell’aggiramento dei principi costituzionali - connesse all'esasperato ampliamento dell'ambito del ‘penalmente rilevante’, attraverso il ricorso alla categoria del pericolo presunto. I principi ispiratori del nuovo sistema penale tributario (legge-delega n. 205/1999) cercano un difficile equilibrio tra esigenze della ragione fiscale e garanzie dell’individuo-contribuente. Si tratta di finalità solo in parte conseguite come si ricava dall’approfondimento delle single fattispecie incriminatrici del d.lgs. n. 74/200. Insoddisfacente appare, ancora, la redazione delle fattispecie incriminatici sotto il particolare profilo del rispetto del principio di tassatività-l’indeterminatezza dell’illecito penale per l’utilizzazione di locuzione vaghe e generiche (es. ‘altri documenti’, ‘altri atti fraudolenti’), nonché l’ampliamento dell’intervento penale in tema di ‘silenzio-assenso’, oppure con riferimento alla questione delle soglie di punibilità. Problemi che si accentuano in tema di trasferimento di funzioni nell’ambito delle strutture societarie, o nelle ipotesi di compartecipazione nel reato proprio omissivo. In una prospettiva di riforma funzionale alla riaffermazione di un binomio irriducibile: effettività/garanzia, si prevede, in primo luogo, la corretta individuazione del bene giuridico, che abbandonata l’idea della trasparenza fiscale, o degli interessi dell’Erario - in realtà rationes di tutela - viene colto nel patrimonio dello Stato. Discende da ciò la previsione di fattispecie incriminatrici rispettose del rispetto del principio di offensività (danno e/o pericolo concreto), redatte in termini chiari e tassativi, collocate all’interno del codice penale. Le esigenze di anticipazione della tutela vengono affidate al’ampia gamma di misure del sistema sanzionatorio amministrativo.
2006
9974578655
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