Il saggio si propone di mettere in rilievo, sulla superficie della scrittura della Città morta, una topografia, più che una topica, ovvero alcuni insistenti registri tematici o sensi, per altro naturalmente ben visibili, quali sembrano essere lo sguardo, l’udito, il tatto, ripercorrendo, in qualche maniera, metodologicamente il tragitto critico di Giovanni Getto, dove acutamente il critico piemontese aveva posta la condizione di «una rilettura spoglia di pregiudizi» del dramma dannunziano ancorandola ai più solidi, ed anche più visibili, motivi dell’acqua, del fuoco, della terra, dell’aria. I luoghi tematici saranno, invece, un po’ più evanescenti, impalpabili, sebbene ben artigliati e ritagliabili in tutta la scrittura dannunziana, e in progress, proprio a partire proprio dalla zona temporale (1885-1900) che va dalle Vergini delle rocce fino al Fuoco, e che tiene in mezzo, ben serrato, oltre alla nostra Città morta, un nutrito pacchetto teatrale, debitamente tragico, dai Sogni alla Gioconda, alla Gloria, per giungere poi a disperdersi nei notturni delle prose di ricerca fin dentro le ultime Cento e cento pagine del Libro segreto. Il lavoro non è, comunque, soltanto tassonomico, né si impiglia in una “attività strutturalista” di esatti rinvii, di misurati riscontri, perché è noto che ogni reticolo strutturale finisce, poi, col duplicare il testo in un modello, lasciando talvolta intatta l’opera.

"La città morta" di Gabriele D'Annunzio. La vista, l'udito, il tatto

AJELLO, Epifanio
2006-01-01

Abstract

Il saggio si propone di mettere in rilievo, sulla superficie della scrittura della Città morta, una topografia, più che una topica, ovvero alcuni insistenti registri tematici o sensi, per altro naturalmente ben visibili, quali sembrano essere lo sguardo, l’udito, il tatto, ripercorrendo, in qualche maniera, metodologicamente il tragitto critico di Giovanni Getto, dove acutamente il critico piemontese aveva posta la condizione di «una rilettura spoglia di pregiudizi» del dramma dannunziano ancorandola ai più solidi, ed anche più visibili, motivi dell’acqua, del fuoco, della terra, dell’aria. I luoghi tematici saranno, invece, un po’ più evanescenti, impalpabili, sebbene ben artigliati e ritagliabili in tutta la scrittura dannunziana, e in progress, proprio a partire proprio dalla zona temporale (1885-1900) che va dalle Vergini delle rocce fino al Fuoco, e che tiene in mezzo, ben serrato, oltre alla nostra Città morta, un nutrito pacchetto teatrale, debitamente tragico, dai Sogni alla Gioconda, alla Gloria, per giungere poi a disperdersi nei notturni delle prose di ricerca fin dentro le ultime Cento e cento pagine del Libro segreto. Il lavoro non è, comunque, soltanto tassonomico, né si impiglia in una “attività strutturalista” di esatti rinvii, di misurati riscontri, perché è noto che ogni reticolo strutturale finisce, poi, col duplicare il testo in un modello, lasciando talvolta intatta l’opera.
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