Nella costruzione di opere ipogee i Romani si servirono di strumenti e metodi già largamente sperimentati nel mondo greco ed etrusco, ma le dimensioni e la rilevanza delle loro realizzazioni furono tali da richiedere la padronanza di un più ampio sapere scientifico e tecnico. Al riguardo, la trattatistica romana non offre esaurienti elementi di conoscenza, limitandosi a indicazioni di carattere generale. Lo stesso Vitruvio, nel "De architectura", mentre descrive con dovizia di particolari le macchine di sollevamento e strumenti di misurazione come il chorobates, dedica un breve cenno alle gallerie sotterranee con l’unica informazione di carattere tecnico relativa alla distanza che deve intercorrere tra due putei. Un’indagine che intenda esplorare il patrimonio delle conoscenze scientifiche dell’architectus romano deve, pertanto, fare riferimento a opere come la Dioptra di Erone di Alessandria, che riserva alcuni capitoli alla soluzione di problemi teorico-pratici relativi allo scavo di gallerie. Si tratta di saperi che certamente dovevano appartenere al bagaglio culturale dei tecnici romani impegnati nella progettazione di grandi opere ipogee. Un notevole contributo, a completare il quadro delle loro capacità progettuali e operative, offre l’indagine archeologica che ha evidenziato la complessità dei lavori eseguiti, le enormi difficoltà che è stato necessario superare, i metodi per procedere ad accurati rilievi topografici, i sistemi adoperati per correggere eventuali errori di allineamento. A tal proposito, assumono particolare rilevanza le ricerche e gli studi relativi agli emissari dei laghi Albani, alla galleria dell’acquedotto di Bologna, all’acquedotto augusteo della Campania, che ancora oggi non risulta sufficientemente indagato. E proprio con l’intento di favorire un utile approccio allo studio di quest’ultimo manufatto idraulico è stata pubblicata, in appendice, la più importante documentazione di cui si dispone.

Intus in tenebris. Scienza e tecnica nelle opere ipogee romane

CATALANO, Romilda
2007-01-01

Abstract

Nella costruzione di opere ipogee i Romani si servirono di strumenti e metodi già largamente sperimentati nel mondo greco ed etrusco, ma le dimensioni e la rilevanza delle loro realizzazioni furono tali da richiedere la padronanza di un più ampio sapere scientifico e tecnico. Al riguardo, la trattatistica romana non offre esaurienti elementi di conoscenza, limitandosi a indicazioni di carattere generale. Lo stesso Vitruvio, nel "De architectura", mentre descrive con dovizia di particolari le macchine di sollevamento e strumenti di misurazione come il chorobates, dedica un breve cenno alle gallerie sotterranee con l’unica informazione di carattere tecnico relativa alla distanza che deve intercorrere tra due putei. Un’indagine che intenda esplorare il patrimonio delle conoscenze scientifiche dell’architectus romano deve, pertanto, fare riferimento a opere come la Dioptra di Erone di Alessandria, che riserva alcuni capitoli alla soluzione di problemi teorico-pratici relativi allo scavo di gallerie. Si tratta di saperi che certamente dovevano appartenere al bagaglio culturale dei tecnici romani impegnati nella progettazione di grandi opere ipogee. Un notevole contributo, a completare il quadro delle loro capacità progettuali e operative, offre l’indagine archeologica che ha evidenziato la complessità dei lavori eseguiti, le enormi difficoltà che è stato necessario superare, i metodi per procedere ad accurati rilievi topografici, i sistemi adoperati per correggere eventuali errori di allineamento. A tal proposito, assumono particolare rilevanza le ricerche e gli studi relativi agli emissari dei laghi Albani, alla galleria dell’acquedotto di Bologna, all’acquedotto augusteo della Campania, che ancora oggi non risulta sufficientemente indagato. E proprio con l’intento di favorire un utile approccio allo studio di quest’ultimo manufatto idraulico è stata pubblicata, in appendice, la più importante documentazione di cui si dispone.
2007
9788889776773
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