Vari autori concordano nel ritenere che i disturbi dell’attaccamento possano influenzare non solo la capacità di stabilire relazioni intime del soggetto, ma anche il suo sviluppo del linguaggio e quello cognitivo, il gioco e le strategie di esplorazione. Da ciò, abbiamo analizzato 5 casi di bambini di età scolare, incontrati per una consulenza psicologica presso le scuole da loro frequentate (su richiesta di dirigenti scolastici), e per i quali il motivo principale di consultazione era rappresentato dalle difficoltà di apprendimento (pur essendo tutti cognitivamente normodotati). Accanto ai problemi di apprendimento, gli altri motivi della prima consultazione, spesso associati tra di loro, erano: aggressività manifesta; irrequietezza o inibizione; ritiro ed isolamento sociale; disturbi sfinterici: enuresi, encopresi; disturbi del sonno; crisi isteriche; cefalee. Dall’analisi dei diversi casi, abbiamo riscontrato i seguenti fattori di rischio che avrebbero prodotto i sintomi più o meno manifesti: - legame di attaccamento fallimentare, da cui è scaturita una sostanziale mancanza di relazioni significative; - depressione materna; - conflittualità presente tra i genitori che si traduce in una inadeguata comunicazione affettiva genitori-figli; - figura paterna periferica, da cui scaturisce un senso di insicurezza per i figli. Questi fattori sono tutti connessi ad un disturbo dell’attaccamento di tipo disorganizzato-disorientato, generante, a sua volta, un nucleo psicotico della personalità. Infatti, su 5 casi analizzati, 4 bambini presentavano un disturbo psicotico. L’insufficiente rendimento scolastico sembrerebbe dunque correlato ad un disinvestimento intellettivo verosimilmente connesso alla fragilità emotiva ed alla scarsa autostima che l’attaccamento patologico ha prodotto. Oltre a diversi colloqui psicologici avuti con i soggetti, all’anamnesi familiare, alla somministrazione di una batteria di test di intelligenza, il Test TEMA (Reynolds e Bigler, 1994), abbiamo fatto anche disegnare ai bambini la figura umana. Da quest’ultima prova, abbiamo individuato caratteristiche patologiche che avvicinano i disegni di questi bambini a quelli dei grandi ritardati o degli organici. Si evidenziano, infatti, in tutti i disegni dei bambini esaminati, imperfezioni, ritardi, perseveranza di figure, annerimenti degli spazi. Inoltre, il volto della figura umana non possiede una mimica: anche se sono disegnati gli occhi, il naso, la bocca questi non comunicano emozioni e sentimenti. I personaggi sono minuscoli e sperduti in un grande spazio vuoto. Spesso sono sprovvisti di mani, di piedi oppure tali arti sono stretti al corpo (indice di inibizione), le gambe in due casi sono state rappresentate piccole e mal appoggiate (segnale di insicurezza estrema). L’estrema piccolezza dei personaggi, come la letteratura esistente ci dice (cfr., ad. es., Royer, 1977; De Negri, 1990; Bandinelli e Manes, 2004), potrebbe rispecchiare il desiderio di regressione di tali bambini o la sensazione di essere minuscoli, abbandonati dalla figura di accudimento in un mondo minaccioso (dato quest’ultimo che conferma il modello di attaccamento patologico introiettato).

Difficoltà di apprendimento in bambini con legame di attaccamento disorganizzato-disorientato

SAVARESE, Giulia
2007-01-01

Abstract

Vari autori concordano nel ritenere che i disturbi dell’attaccamento possano influenzare non solo la capacità di stabilire relazioni intime del soggetto, ma anche il suo sviluppo del linguaggio e quello cognitivo, il gioco e le strategie di esplorazione. Da ciò, abbiamo analizzato 5 casi di bambini di età scolare, incontrati per una consulenza psicologica presso le scuole da loro frequentate (su richiesta di dirigenti scolastici), e per i quali il motivo principale di consultazione era rappresentato dalle difficoltà di apprendimento (pur essendo tutti cognitivamente normodotati). Accanto ai problemi di apprendimento, gli altri motivi della prima consultazione, spesso associati tra di loro, erano: aggressività manifesta; irrequietezza o inibizione; ritiro ed isolamento sociale; disturbi sfinterici: enuresi, encopresi; disturbi del sonno; crisi isteriche; cefalee. Dall’analisi dei diversi casi, abbiamo riscontrato i seguenti fattori di rischio che avrebbero prodotto i sintomi più o meno manifesti: - legame di attaccamento fallimentare, da cui è scaturita una sostanziale mancanza di relazioni significative; - depressione materna; - conflittualità presente tra i genitori che si traduce in una inadeguata comunicazione affettiva genitori-figli; - figura paterna periferica, da cui scaturisce un senso di insicurezza per i figli. Questi fattori sono tutti connessi ad un disturbo dell’attaccamento di tipo disorganizzato-disorientato, generante, a sua volta, un nucleo psicotico della personalità. Infatti, su 5 casi analizzati, 4 bambini presentavano un disturbo psicotico. L’insufficiente rendimento scolastico sembrerebbe dunque correlato ad un disinvestimento intellettivo verosimilmente connesso alla fragilità emotiva ed alla scarsa autostima che l’attaccamento patologico ha prodotto. Oltre a diversi colloqui psicologici avuti con i soggetti, all’anamnesi familiare, alla somministrazione di una batteria di test di intelligenza, il Test TEMA (Reynolds e Bigler, 1994), abbiamo fatto anche disegnare ai bambini la figura umana. Da quest’ultima prova, abbiamo individuato caratteristiche patologiche che avvicinano i disegni di questi bambini a quelli dei grandi ritardati o degli organici. Si evidenziano, infatti, in tutti i disegni dei bambini esaminati, imperfezioni, ritardi, perseveranza di figure, annerimenti degli spazi. Inoltre, il volto della figura umana non possiede una mimica: anche se sono disegnati gli occhi, il naso, la bocca questi non comunicano emozioni e sentimenti. I personaggi sono minuscoli e sperduti in un grande spazio vuoto. Spesso sono sprovvisti di mani, di piedi oppure tali arti sono stretti al corpo (indice di inibizione), le gambe in due casi sono state rappresentate piccole e mal appoggiate (segnale di insicurezza estrema). L’estrema piccolezza dei personaggi, come la letteratura esistente ci dice (cfr., ad. es., Royer, 1977; De Negri, 1990; Bandinelli e Manes, 2004), potrebbe rispecchiare il desiderio di regressione di tali bambini o la sensazione di essere minuscoli, abbandonati dalla figura di accudimento in un mondo minaccioso (dato quest’ultimo che conferma il modello di attaccamento patologico introiettato).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/1740157
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