Juan Ginés de Sepúlveda e le «ragioni» della conquista. Il saggio che figura come Introduzione a JUAN GINÉS DE SEPÚLVEDA, Democrate secondo, ovvero sulle giuste cause di guerra. Testo originale a fronte a cura e con un saggio di Domenico Taranto, occupa le pagine XI-LV del testo appena citato. Il suo intento è stato quello di ricostruire la formazione intellettuale di Sepúlveda al fine di mostrare come l’intento oppositivo nei confronti del pacifismo erasmiano, negli anni di soggiorno a Bologna, argomentato sulla base della piena accettazione della teoria della guerra giusta, di matrice soprattutto agostiniana, lo “disponesse” per ragioni anche solo intellettuali, a farsi campione della conquista e della sottomissione degli indios una volta tornato in patria. La condivisione piena di tutte le ragioni che avevano spinto Agostino a farsi promotore della coazione nei confronti di quanti si fossero allontanati dalla verità si incontra così, mediante un connubio solo in apparenza impossibile, con le motivazioni aristoteliche tendenti a giustificare guerra e conquista di coloro che nati per servire, non avessero voluto riconoscere la loro condizione e si fossero così opposti all’ordine della natura che gli negava l’esercizio della libertà. Passando dai presupposti all’analisi del Democrates, il saggio mostra come la sua macchina argomentativa si basi su quattro argomentazioni che vengono analiticamente analizzate. La prima è la servitù naturale, la seconda è l’impedimento del crimine della antropofagia, la terza la salvezza degli innocenti immolati agli idoli, la quarta la tutela della religione cristiana. Attraverso l’analisi delle ragioni su esposte, il saggio mostra l’emergere di due importanti novità espresse da Sepúlveda. La prima è l’affermazione dell’esistenza e della conoscibilità di una legge di natura, la cui infrazione può essere sanzionata dagli Spagnoli come da ogni altro popolo civile, la seconda è, conseguentemente, la retrocessione dell’argomento della “donazione” delle terre conquistate ad opera della Bolla alessandrina. Mediante questa operazione la conquista da un lato rivendica il proprio carattere di compiuta laicità, dall’altro rivendica il suo ancoraggio alla migliore tradizione cristiana realizzandosi come atto di caritas nei confronti degli infedeli.

Juan Ginés de Sepúlveda e le «ragioni» della conquista

TARANTO, Domenico
2009-01-01

Abstract

Juan Ginés de Sepúlveda e le «ragioni» della conquista. Il saggio che figura come Introduzione a JUAN GINÉS DE SEPÚLVEDA, Democrate secondo, ovvero sulle giuste cause di guerra. Testo originale a fronte a cura e con un saggio di Domenico Taranto, occupa le pagine XI-LV del testo appena citato. Il suo intento è stato quello di ricostruire la formazione intellettuale di Sepúlveda al fine di mostrare come l’intento oppositivo nei confronti del pacifismo erasmiano, negli anni di soggiorno a Bologna, argomentato sulla base della piena accettazione della teoria della guerra giusta, di matrice soprattutto agostiniana, lo “disponesse” per ragioni anche solo intellettuali, a farsi campione della conquista e della sottomissione degli indios una volta tornato in patria. La condivisione piena di tutte le ragioni che avevano spinto Agostino a farsi promotore della coazione nei confronti di quanti si fossero allontanati dalla verità si incontra così, mediante un connubio solo in apparenza impossibile, con le motivazioni aristoteliche tendenti a giustificare guerra e conquista di coloro che nati per servire, non avessero voluto riconoscere la loro condizione e si fossero così opposti all’ordine della natura che gli negava l’esercizio della libertà. Passando dai presupposti all’analisi del Democrates, il saggio mostra come la sua macchina argomentativa si basi su quattro argomentazioni che vengono analiticamente analizzate. La prima è la servitù naturale, la seconda è l’impedimento del crimine della antropofagia, la terza la salvezza degli innocenti immolati agli idoli, la quarta la tutela della religione cristiana. Attraverso l’analisi delle ragioni su esposte, il saggio mostra l’emergere di due importanti novità espresse da Sepúlveda. La prima è l’affermazione dell’esistenza e della conoscibilità di una legge di natura, la cui infrazione può essere sanzionata dagli Spagnoli come da ogni altro popolo civile, la seconda è, conseguentemente, la retrocessione dell’argomento della “donazione” delle terre conquistate ad opera della Bolla alessandrina. Mediante questa operazione la conquista da un lato rivendica il proprio carattere di compiuta laicità, dall’altro rivendica il suo ancoraggio alla migliore tradizione cristiana realizzandosi come atto di caritas nei confronti degli infedeli.
2009
9788874622191
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/2285184
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