L'esame dei diversi loci similes ricordati dai precedenti editori eschilei (al cui elenco si propone di aggiungere ora Eur. Or. 446 ed Eur. fr. 28 K.) suggerisce l'adozione al v. 713 dei Persiani della variante λόγῳ, da preferire a χρόνῳ, lezione attestata tra l'altro dal Mediceo. È possibile, infatti, ipotizzare che un originario λόγῳ sia stato corretto in χρόνῳ da un copista che, turbato dalla compresenza in appena due versi (vv. 713-714) di più termini afferenti alla sfera semantica del 'dire' (μῦθος, λόγος, εἰπεῖν, ἔπος), abbia voluto eliminare una sorta di tautologia (μῦθον ἐν ... λόγῳ). Tale intervento appare però non tenere conto di una caratteristica della lexis eschilea, ossia la variatio synonymica, «elemento dell'ornato retorico che in alcuni casi, non accordandosi con lo spirito geometrico e normalizzatore di taluni editori, è stato erroneamente interpretato come spia di un guasto della tradizione». Una simile accumulatio di termini relativi al dire/raccontare si ritrova già nei versi che introducono l'episodio del fantasma di Dario: in Pers. 696-697 si hanno infatti il sostantivo μῦθον e le forme verbali λέγων, εἰπέ e πέραινε, prova di come lo spettro detti agli altri personaggi precisi canoni retorici ai quali improntare i successivi interventi. Il sintagma ἐν βραχεῖ λόγῳ potrebbe infine possedere un preciso valore performativo, alludendo alla successiva sticomitia tra Dario e Atossa.
Eschilo, Pers. 713
AMENDOLA, Stefano
2009
Abstract
L'esame dei diversi loci similes ricordati dai precedenti editori eschilei (al cui elenco si propone di aggiungere ora Eur. Or. 446 ed Eur. fr. 28 K.) suggerisce l'adozione al v. 713 dei Persiani della variante λόγῳ, da preferire a χρόνῳ, lezione attestata tra l'altro dal Mediceo. È possibile, infatti, ipotizzare che un originario λόγῳ sia stato corretto in χρόνῳ da un copista che, turbato dalla compresenza in appena due versi (vv. 713-714) di più termini afferenti alla sfera semantica del 'dire' (μῦθος, λόγος, εἰπεῖν, ἔπος), abbia voluto eliminare una sorta di tautologia (μῦθον ἐν ... λόγῳ). Tale intervento appare però non tenere conto di una caratteristica della lexis eschilea, ossia la variatio synonymica, «elemento dell'ornato retorico che in alcuni casi, non accordandosi con lo spirito geometrico e normalizzatore di taluni editori, è stato erroneamente interpretato come spia di un guasto della tradizione». Una simile accumulatio di termini relativi al dire/raccontare si ritrova già nei versi che introducono l'episodio del fantasma di Dario: in Pers. 696-697 si hanno infatti il sostantivo μῦθον e le forme verbali λέγων, εἰπέ e πέραινε, prova di come lo spettro detti agli altri personaggi precisi canoni retorici ai quali improntare i successivi interventi. Il sintagma ἐν βραχεῖ λόγῳ potrebbe infine possedere un preciso valore performativo, alludendo alla successiva sticomitia tra Dario e Atossa.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.