A. G. PARISI SPORT, DIRITTI E RESPONSABILITÀ UN CONFRONTO CON L'ESPERIENZA FRANCESE Abstract In ambito sociale e giuridico, lo sport rileva essenzialmente sotto due profili: come attività libera inerente alla sfera personale dell'individuo, e come attività organizzata secondo propri schemi e modelli specifici. Il d. lgs. 23 luglio 1999, n. 242 ha confermato al C.O.N.I. il riconoscimento della personalità giuridica di ente di diritto pubblico, ritenuta necessaria per la razionalizzazione dei suoi compiti e delle sue funzioni, di fatto integrative delle funzioni proprie dello Stato. Talché il C.O.N.I. esercita poteri legislativi, organizzativi e di garanzia, nell'ambito dell'autonomia che di fatto gli è stata attribuita. Il medesimo d. lgs. n. 242/1999, all'art. 15, delinea la struttura delle Federazioni sportive nazionali, che hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato, non perseguono fini di lucro e sono disciplinate, per quanto non espressamente previsto nello stesso decreto, dalle norme del codice civile. Per sua parte, la Suprema Corte ha riconosciuto che una Federazione sportiva va considerata, altresì, un ente pubblico quando compie attività finalizzate alla tutela di interessi pubblici: attività che comprendono quella, specifica, di promozione dello sport. L’ordinamento giuridico francese è certamente più presente nelle vicende sportive nazionali e condiziona in buona parte la struttura dell’ordinamento di settore. Peraltro, le prime associazioni sportive videro la luce in un periodo in cui il Code Napoléon, appena riformato dalla l. 1°aprile 1891, guardava all’associazionismo con grande sospetto e lo sottoponeva rigorosamente all’approvazione del governo. Nel 1908 nasceva il Comité National des Sports, con la specifica funzione di rappresentare a livello nazionale la totalità dello sport francese e, in particolare, di gestire le relazioni con gli organi dello Stato. Risulta del tutto evidente, in base agli interventi del legislatore francese, che lo Stato non ha inteso in alcun modo affidare la politica dello sport all’iniziativa privata: le stesse autorità pubbliche territoriali si configurano come i partenaires maggiori del movimento sportivo francese. In realtà il legislatore d’oltralpe, già nell’ordinanza del 23 agosto 1945, (confermata sotto tale aspetto dalla legge 75-998 del 29 ottobre 1975 - la “legge Mazeaud” - e dalla legge 84-610 del 16 luglio 1984), ribadiva come i poteri pubblici statali avessero costretto i grandi raggruppamenti sportivi nazionali ad aderire a principi d’interesse generale, in modo da conferire plus de cohésion, plus de vie et plus de moralité au sport français. Il Decret n. 2002-761 du 2 mai 2002, emanato pour l’application de l’article 17 de la loi n. 84-610 du 16 juillet 1984 modifiée et fixant les conditions d’attribution et de retrait d’une délégation aux fédérations sportives e la Loi n. 2003-708 du 1er août 2003 relative à l’organisation et à la promotion des activités physiques et sportives riaffermano che lo sviluppo e la pratica dell’attività fisica e sportiva, elemento fondamentale della cultura, costituiscono un obbligo nazionale, e che tale compito viene svolto dalle istituzioni pubbliche “con il concorso degli organismi privati”. Per sua parte, il legislatore italiano, con la l. 376/2000, supera il limite dell’autonomia dell’ordinamento sportivo coinvolgendo ed armonizzando nella sua attuazione sia le funzioni di organismi statali, sia il ruolo degli organismi sportivi, stabilendo, in particolare, la nuova Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping . Quanto all’ambito delle responsabilità, come noto, nell'esercizio dell'attività sportiva, l'atleta presta il proprio consenso non solo a subire lesioni, talora anche gravi, ma anche ad arrecarle a terzi: il che ricorre nel caso “classico” del pugilato. Infatti, durante un incontro il pugile può subire colpi che comportano una menomazione della propria integrità fisica, e lesioni talora anche letali: la prima ipotesi sembra andare ben al di là della previsione dell'art. 5 cod. civ., che sancisce l'invalidità degli atti di disposizione del proprio corpo che cagionino una diminuzione permanente dell'integrità fisica,” (esiste una deroga per il trapianto del rene tra viventi, ex l. n. 458/1967); la seconda ipotesi, relativa al subire lesioni letali, si contrappone poi all'assoluta indisponibilità dello stesso diritto alla vita. Anche la scriminante prevista dall'art. 50 c. p. verrebbe comunque a collidere con la previsione dell'art. 5 c. c., che sancisce l'invalidità degli atti di disposizione del proprio corpo che cagionino una diminuzione permanente dell'integrità fisica, o siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume, e, comunque, con l'articolo 32 della Costituzione che tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività. In altri sport - come nel calcio - la violenza risulta invece in contrasto con le regole del gioco, e quindi al suo ricorrere l'atleta risponderà della propria condotta a titolo di dolo o di colpa secondo le vigenti norme giuridiche. Conformemente all’opinione della dottrina, anche la giurisprudenza, con interpretazione presso che costante, fa rientrare nella previsione dell'art. 50 c. p., riguardante il consenso dell’avente diritto - e quindi considera scriminate - le lesioni dell'integrità fisica della persona causate dal gareggiante che abbia però rispettato integralmente le regole tecniche e le norme di comportamento proprie della disciplina sportiva praticata. La Suprema Corte ha ripetutamente affermato che nelle competizioni sportive nelle quali la violenza fisica costituisce elemento essenziale e che implicano la possibilità e/o la necessità di causare un danno fisico all’avversario, sono lecite le lesioni prodotte nello stretto esercizio e nei limiti dell'attività sportiva, e si risponde a titolo di colpa solo per quelle cagionate dalla violazione colposa di tali limiti: in particolare, nella decisione del 20 gennaio 2005, precisa che nel caso di lesioni personali derivanti dalla pratica dello sport, si ha il superamento del cosiddetto rischio consentito - e, quindi, conseguente responsabilità - quando siano violate volontariamente le regole tecniche. La ratio dell'interpretazione della Corte si fonda essenzialmente su di un principio generale dell’ordinamento, in base al quale “l'esercizio di una attività autorizzata dallo Stato in quanto rispondente all'interesse della comunità sociale, comporta la non punibilità dei fatti lesivi che ne derivino, quando tutte le regole che disciplinano l'attività medesima siano osservate”. Tale principio si fonda sullo stesso criterio che ispira le cause di giustificazione previste dal codice penale, che si riassume nella mancanza di danno sociale per l'esistenza di due interessi in conflitto, uno dei quali può essere soddisfatto solo a costo del sacrificio dell'altro. Nell’esperienza francese – sul piano legislativo – non esiste una disciplina specifica concernente le lesioni all’integrità fisica subite nello svolgimento di una attività sportiva, ed alle ipotesi di danno si applica le droit commune, e solo eventualmente si tien conto anche delle regole della disciplina specifica in cui rientra una determinata competizione: l’ambito della responsabilità che ricorre è vasto e variegato, e ricomprende la responsabilité civile, la responsabilité civile délictuelle o quasidélictuelle, la responsabilité administrative e la responsabilité penale. Tuttavia, data la considerevole ingerenza del potere statale nel settore, soprattutto nel caso di responsabilità connessa alla promozione, all’organizzazione e allo svolgimento di eventi sportivi a cura della pubblica autorità, rileva la responsabilité administrative. La dottrina francese ha ritenuto a lungo, in costanza del riconoscimento del principio del consenso e del rischio consentito e preventivamente accettato dagli atleti, che la loro responsabilità non si configurasse unicamente come responsabilità délictuelle, ma anche come responsabilità contractuelle. Tramontata la théorie de l’acceptation des risques, il giudice francese – sovente accusato dalla dottrina d’avoir mis en congé la règle juridique applicando, per semplice opportunità sportiva, una très contestable convention d’exonération de responsabilità - applica agli sportivi unicamente le regole della responsabilità délictuelle. Tuttavia, il giudice mostra di tener conto anche delle peculiarità della competizioni sportive, applicando la legge nazionale con una certa comprensione, nell’intento di faire vivre le jeu. La Haute Cour ravvisa la responsabilità degli atleti quando, assumendosi rischi eccessivi, creano des conditions anormales et dangereuses de jeu: si discorre, in tali ipotesi, de fautes graves e d’imprudences conscientes, même en l’absence de faute intentionnelle.

SPORT, DIRITTI E RESPONSABILITÀ: UN CONFRONTO CON L’ESPERIENZA FRANCESE

PARISI, Annamaria Giulia
2010-01-01

Abstract

A. G. PARISI SPORT, DIRITTI E RESPONSABILITÀ UN CONFRONTO CON L'ESPERIENZA FRANCESE Abstract In ambito sociale e giuridico, lo sport rileva essenzialmente sotto due profili: come attività libera inerente alla sfera personale dell'individuo, e come attività organizzata secondo propri schemi e modelli specifici. Il d. lgs. 23 luglio 1999, n. 242 ha confermato al C.O.N.I. il riconoscimento della personalità giuridica di ente di diritto pubblico, ritenuta necessaria per la razionalizzazione dei suoi compiti e delle sue funzioni, di fatto integrative delle funzioni proprie dello Stato. Talché il C.O.N.I. esercita poteri legislativi, organizzativi e di garanzia, nell'ambito dell'autonomia che di fatto gli è stata attribuita. Il medesimo d. lgs. n. 242/1999, all'art. 15, delinea la struttura delle Federazioni sportive nazionali, che hanno natura di associazione con personalità giuridica di diritto privato, non perseguono fini di lucro e sono disciplinate, per quanto non espressamente previsto nello stesso decreto, dalle norme del codice civile. Per sua parte, la Suprema Corte ha riconosciuto che una Federazione sportiva va considerata, altresì, un ente pubblico quando compie attività finalizzate alla tutela di interessi pubblici: attività che comprendono quella, specifica, di promozione dello sport. L’ordinamento giuridico francese è certamente più presente nelle vicende sportive nazionali e condiziona in buona parte la struttura dell’ordinamento di settore. Peraltro, le prime associazioni sportive videro la luce in un periodo in cui il Code Napoléon, appena riformato dalla l. 1°aprile 1891, guardava all’associazionismo con grande sospetto e lo sottoponeva rigorosamente all’approvazione del governo. Nel 1908 nasceva il Comité National des Sports, con la specifica funzione di rappresentare a livello nazionale la totalità dello sport francese e, in particolare, di gestire le relazioni con gli organi dello Stato. Risulta del tutto evidente, in base agli interventi del legislatore francese, che lo Stato non ha inteso in alcun modo affidare la politica dello sport all’iniziativa privata: le stesse autorità pubbliche territoriali si configurano come i partenaires maggiori del movimento sportivo francese. In realtà il legislatore d’oltralpe, già nell’ordinanza del 23 agosto 1945, (confermata sotto tale aspetto dalla legge 75-998 del 29 ottobre 1975 - la “legge Mazeaud” - e dalla legge 84-610 del 16 luglio 1984), ribadiva come i poteri pubblici statali avessero costretto i grandi raggruppamenti sportivi nazionali ad aderire a principi d’interesse generale, in modo da conferire plus de cohésion, plus de vie et plus de moralité au sport français. Il Decret n. 2002-761 du 2 mai 2002, emanato pour l’application de l’article 17 de la loi n. 84-610 du 16 juillet 1984 modifiée et fixant les conditions d’attribution et de retrait d’une délégation aux fédérations sportives e la Loi n. 2003-708 du 1er août 2003 relative à l’organisation et à la promotion des activités physiques et sportives riaffermano che lo sviluppo e la pratica dell’attività fisica e sportiva, elemento fondamentale della cultura, costituiscono un obbligo nazionale, e che tale compito viene svolto dalle istituzioni pubbliche “con il concorso degli organismi privati”. Per sua parte, il legislatore italiano, con la l. 376/2000, supera il limite dell’autonomia dell’ordinamento sportivo coinvolgendo ed armonizzando nella sua attuazione sia le funzioni di organismi statali, sia il ruolo degli organismi sportivi, stabilendo, in particolare, la nuova Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping . Quanto all’ambito delle responsabilità, come noto, nell'esercizio dell'attività sportiva, l'atleta presta il proprio consenso non solo a subire lesioni, talora anche gravi, ma anche ad arrecarle a terzi: il che ricorre nel caso “classico” del pugilato. Infatti, durante un incontro il pugile può subire colpi che comportano una menomazione della propria integrità fisica, e lesioni talora anche letali: la prima ipotesi sembra andare ben al di là della previsione dell'art. 5 cod. civ., che sancisce l'invalidità degli atti di disposizione del proprio corpo che cagionino una diminuzione permanente dell'integrità fisica,” (esiste una deroga per il trapianto del rene tra viventi, ex l. n. 458/1967); la seconda ipotesi, relativa al subire lesioni letali, si contrappone poi all'assoluta indisponibilità dello stesso diritto alla vita. Anche la scriminante prevista dall'art. 50 c. p. verrebbe comunque a collidere con la previsione dell'art. 5 c. c., che sancisce l'invalidità degli atti di disposizione del proprio corpo che cagionino una diminuzione permanente dell'integrità fisica, o siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume, e, comunque, con l'articolo 32 della Costituzione che tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività. In altri sport - come nel calcio - la violenza risulta invece in contrasto con le regole del gioco, e quindi al suo ricorrere l'atleta risponderà della propria condotta a titolo di dolo o di colpa secondo le vigenti norme giuridiche. Conformemente all’opinione della dottrina, anche la giurisprudenza, con interpretazione presso che costante, fa rientrare nella previsione dell'art. 50 c. p., riguardante il consenso dell’avente diritto - e quindi considera scriminate - le lesioni dell'integrità fisica della persona causate dal gareggiante che abbia però rispettato integralmente le regole tecniche e le norme di comportamento proprie della disciplina sportiva praticata. La Suprema Corte ha ripetutamente affermato che nelle competizioni sportive nelle quali la violenza fisica costituisce elemento essenziale e che implicano la possibilità e/o la necessità di causare un danno fisico all’avversario, sono lecite le lesioni prodotte nello stretto esercizio e nei limiti dell'attività sportiva, e si risponde a titolo di colpa solo per quelle cagionate dalla violazione colposa di tali limiti: in particolare, nella decisione del 20 gennaio 2005, precisa che nel caso di lesioni personali derivanti dalla pratica dello sport, si ha il superamento del cosiddetto rischio consentito - e, quindi, conseguente responsabilità - quando siano violate volontariamente le regole tecniche. La ratio dell'interpretazione della Corte si fonda essenzialmente su di un principio generale dell’ordinamento, in base al quale “l'esercizio di una attività autorizzata dallo Stato in quanto rispondente all'interesse della comunità sociale, comporta la non punibilità dei fatti lesivi che ne derivino, quando tutte le regole che disciplinano l'attività medesima siano osservate”. Tale principio si fonda sullo stesso criterio che ispira le cause di giustificazione previste dal codice penale, che si riassume nella mancanza di danno sociale per l'esistenza di due interessi in conflitto, uno dei quali può essere soddisfatto solo a costo del sacrificio dell'altro. Nell’esperienza francese – sul piano legislativo – non esiste una disciplina specifica concernente le lesioni all’integrità fisica subite nello svolgimento di una attività sportiva, ed alle ipotesi di danno si applica le droit commune, e solo eventualmente si tien conto anche delle regole della disciplina specifica in cui rientra una determinata competizione: l’ambito della responsabilità che ricorre è vasto e variegato, e ricomprende la responsabilité civile, la responsabilité civile délictuelle o quasidélictuelle, la responsabilité administrative e la responsabilité penale. Tuttavia, data la considerevole ingerenza del potere statale nel settore, soprattutto nel caso di responsabilità connessa alla promozione, all’organizzazione e allo svolgimento di eventi sportivi a cura della pubblica autorità, rileva la responsabilité administrative. La dottrina francese ha ritenuto a lungo, in costanza del riconoscimento del principio del consenso e del rischio consentito e preventivamente accettato dagli atleti, che la loro responsabilità non si configurasse unicamente come responsabilità délictuelle, ma anche come responsabilità contractuelle. Tramontata la théorie de l’acceptation des risques, il giudice francese – sovente accusato dalla dottrina d’avoir mis en congé la règle juridique applicando, per semplice opportunità sportiva, una très contestable convention d’exonération de responsabilità - applica agli sportivi unicamente le regole della responsabilità délictuelle. Tuttavia, il giudice mostra di tener conto anche delle peculiarità della competizioni sportive, applicando la legge nazionale con una certa comprensione, nell’intento di faire vivre le jeu. La Haute Cour ravvisa la responsabilità degli atleti quando, assumendosi rischi eccessivi, creano des conditions anormales et dangereuses de jeu: si discorre, in tali ipotesi, de fautes graves e d’imprudences conscientes, même en l’absence de faute intentionnelle.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/3004002
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact