Assumendo come base di analisi le classiche attività manageriali: programmazione, organizzazione e controllo il contributo propone una verifica empirica del contenuto dell’attività manageriale posta in essere nei Comuni dai segretari generali con incarico di direzione generale e dai direttori generali esterni. Attraverso il ricorso all’indagine empirica si cerca di comprendere se l’azione manageriale svolta nei Comuni dai direttori generali esterni assume contenuti diversi da quella posta in essere dai segretari generali con incarico di direzione generale. L’implicazione emersa dalla ricerca è che i direttori generali esterni presidiano maggiormente i processi manageriali di quanto non facciano i segretari generali con funzione di direzione generale. Ciò probabilmente è correlato a un modo diverso di intendere il proprio ruolo che non è neutrale rispetto ad azioni e comportamenti concreti. Se un professionista viene nominato dall’esterno e viene chiamato manager è consapevole che deve contribuire alla programmazione, sia pure in modo sinergico e coordinato con i politici, deve organizzare e deve controllare l’implementazione delle scelte. I segretari generali anche se nominati direttori generali, sono concentrati almeno in parte, su funzioni e compiti ben definiti di tutela della legalità. Il diverso atteggiamento nei confronti delle funzioni e dei compiti intrinsecamente manageriali è probabilmente collegato a un modo diverso di intendere il proprio ruolo e al fatto che mentre i compiti assegnati al segretario comunale hanno una fonte certa, ovvero rispondono a un preciso dettato normativo, l’azione di governo manageriale non ha un contenuto ben definito. I segretari generali hanno superato un concorso pubblico e la funzione manageriale è un’opzione nel senso che può o meno essere loro affidata. Il problema vero è che forse si dovrebbe discutere un po’ di più di cosa significhi governo manageriale delle amministrazioni pubbliche e di cosa i manager pubblici, al di là degli obblighi normativi, debbano fare per favorire l’affermarsi di percorsi di aziendalizzazione evoluta e per favorire il raggiungimento di obiettivi di efficienza ed efficacia oltre agli obiettivi di legalità ed equità. Anche se è innegabile che le competenze e le capacità dei dirigenti pubblici non siano neutrali rispetto al raggiungimento di condizioni di efficienza ed efficacia da parte delle stesse amministrazioni pubbliche, non sono state formulate teorie e analisi focalizzate sul contenuto dell’azione e dei processi manageriali. In genere sono state utilizzate variabili di approssimazione (indicatori di performance) che, nel giudicare lo stato di salute di un’amministrazione pubblica, rappresentassero contemporaneamente anche una misura indiretta della capacità propria dei soggetti posti alla guida.

La gestione manageriale nelle amministrazioni comunali.

STORLAZZI, Alessandra
2009-01-01

Abstract

Assumendo come base di analisi le classiche attività manageriali: programmazione, organizzazione e controllo il contributo propone una verifica empirica del contenuto dell’attività manageriale posta in essere nei Comuni dai segretari generali con incarico di direzione generale e dai direttori generali esterni. Attraverso il ricorso all’indagine empirica si cerca di comprendere se l’azione manageriale svolta nei Comuni dai direttori generali esterni assume contenuti diversi da quella posta in essere dai segretari generali con incarico di direzione generale. L’implicazione emersa dalla ricerca è che i direttori generali esterni presidiano maggiormente i processi manageriali di quanto non facciano i segretari generali con funzione di direzione generale. Ciò probabilmente è correlato a un modo diverso di intendere il proprio ruolo che non è neutrale rispetto ad azioni e comportamenti concreti. Se un professionista viene nominato dall’esterno e viene chiamato manager è consapevole che deve contribuire alla programmazione, sia pure in modo sinergico e coordinato con i politici, deve organizzare e deve controllare l’implementazione delle scelte. I segretari generali anche se nominati direttori generali, sono concentrati almeno in parte, su funzioni e compiti ben definiti di tutela della legalità. Il diverso atteggiamento nei confronti delle funzioni e dei compiti intrinsecamente manageriali è probabilmente collegato a un modo diverso di intendere il proprio ruolo e al fatto che mentre i compiti assegnati al segretario comunale hanno una fonte certa, ovvero rispondono a un preciso dettato normativo, l’azione di governo manageriale non ha un contenuto ben definito. I segretari generali hanno superato un concorso pubblico e la funzione manageriale è un’opzione nel senso che può o meno essere loro affidata. Il problema vero è che forse si dovrebbe discutere un po’ di più di cosa significhi governo manageriale delle amministrazioni pubbliche e di cosa i manager pubblici, al di là degli obblighi normativi, debbano fare per favorire l’affermarsi di percorsi di aziendalizzazione evoluta e per favorire il raggiungimento di obiettivi di efficienza ed efficacia oltre agli obiettivi di legalità ed equità. Anche se è innegabile che le competenze e le capacità dei dirigenti pubblici non siano neutrali rispetto al raggiungimento di condizioni di efficienza ed efficacia da parte delle stesse amministrazioni pubbliche, non sono state formulate teorie e analisi focalizzate sul contenuto dell’azione e dei processi manageriali. In genere sono state utilizzate variabili di approssimazione (indicatori di performance) che, nel giudicare lo stato di salute di un’amministrazione pubblica, rappresentassero contemporaneamente anche una misura indiretta della capacità propria dei soggetti posti alla guida.
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