Questo saggio studia i viaggi che gruppi di intellettuali e politici europei (soprattutto italiani e francesi) intrapresero alla volta di Pechino nel 1955. L’attrazione intellettuale verso il regime di Mao si concretizzò in seguito all’invito che il primo ministro Zhou Enlai rivolse all’opinione pubblica mondiale nel corso della conferenza di Bandung. Il suo messaggio («venite a vedere») fu raccolto entusiasticamente da quegli intellettuali che faticavano a trovare una collocazione nel contesto della politica della guerra fredda in Europa. L’autore mostra che la formazione del nuovo regime comunista stimolò nel discorso politico l’immagine di una terza via rivoluzionaria e democratica. Nel corso delle visite degli intellettuali occidentali, le autorità cinesi impiegarono i metodi che Mao aveva collaudato già durante la Lunga Marcia: «sicurezza, segretezza, cordialità e guide rosse». La volontà di credere dei visitatori rese il lavoro delle autorità più semplice. I viaggiatori infatti riportarono a casa l’immagine positiva di uno Stato-partito impegnato nello sforzo di sradicare la miseria e l’arretratezza. L’autore discute infine le ragioni per cui soltanto una parte dei viaggiatori si preoccupò della violazione dei diritti civili e delle libertà.
Pechino 1955. Intellettuali e politici europei alla scoperta della Cina di Mao
POLESE REMAGGI, Luca
2010-01-01
Abstract
Questo saggio studia i viaggi che gruppi di intellettuali e politici europei (soprattutto italiani e francesi) intrapresero alla volta di Pechino nel 1955. L’attrazione intellettuale verso il regime di Mao si concretizzò in seguito all’invito che il primo ministro Zhou Enlai rivolse all’opinione pubblica mondiale nel corso della conferenza di Bandung. Il suo messaggio («venite a vedere») fu raccolto entusiasticamente da quegli intellettuali che faticavano a trovare una collocazione nel contesto della politica della guerra fredda in Europa. L’autore mostra che la formazione del nuovo regime comunista stimolò nel discorso politico l’immagine di una terza via rivoluzionaria e democratica. Nel corso delle visite degli intellettuali occidentali, le autorità cinesi impiegarono i metodi che Mao aveva collaudato già durante la Lunga Marcia: «sicurezza, segretezza, cordialità e guide rosse». La volontà di credere dei visitatori rese il lavoro delle autorità più semplice. I viaggiatori infatti riportarono a casa l’immagine positiva di uno Stato-partito impegnato nello sforzo di sradicare la miseria e l’arretratezza. L’autore discute infine le ragioni per cui soltanto una parte dei viaggiatori si preoccupò della violazione dei diritti civili e delle libertà.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.