La produzione letteraria di Saba, Campana e Cardarelli, esaminata limitatamente all’arco temporale 1911-1913, quale ‘campione’ della lirica del primo Novecento italiano, documenta come l’archetipo di città moderna – creato dall’immaginario di Baudelaire e ripreso in maniera visionaria da Rimbaud – sia parte imprescindibile della memoria poetica contemporanea. Si analizza, quindi, preliminarmente (con rigoroso metodo intertestuale e comparatistico di raffronto diretto con i testi in lingua francese) in che modo la labirintica metropoli moderna, che già nella seconda metà dell’Ottocento attira e respinge con la sua ambigua fascinazione il poeta di Les Fleurs du mal, si trasformi nello scenario inquietante della mercificazione e della società di massa. In tale contesto è letta la lirica, Le Cygne, in cui nella sovrapposizione della vecchia e della nuova Parigi si epifanizza la figura della perdita e della privazione, della separazione e dell’esilio, quali espressioni stranianti della tentacolare città moderna. Dall’inedito percorso ermeneutico emerge che questo archetipo, definitivamente fissato da Baudelaire (e da Rimbaud) nell’immaginario poetico, si ritrova, all’inizio del Novecento, nella lirica di Saba, nell’ossimorica scontrosa / grazia della sua Trieste, negli aspetti più squallidi dell’esistenza vissuta tra gli inferni cittadini, negli elementari livelli di vita dell’anonima e brulicante folla, a cui le segrete pulsioni del poeta, quasi religiosamente, aderiscono. La presenza dell’archetipo Baudelaire è indagata anche nei Canti orfici di Dino Campana, dove le vie tortuose, tra postriboli e taverne, delle città tumultuose, che si presentano al poeta come allegorie del panorama scheletrico del mondo, evocano gli aspetti più arcani dei paesaggi urbani dei Tableaux parisiens. Le città di Campana, la sua Faenza, Firenze, Bologna e soprattutto Genova, ma anche qualche metropoli d’oltreoceano, come Montevideo, con il fascino dell’artificiale e dell’inorganico, la febbre di denaro e di successo immediato, il trionfo di tutte le forme possibili di prostituzione richiamano nelle visioni e nelle espressioni le spleenetiche e desolate immagini di Baudelaire (e di Rimbaud). La fugitive beauté delle Fleurs ritorna poi nell’Adolescente di Vincenzo Cardarelli, dove la fanciulla, che si muove in un’aura di sacro mistero, conferma l’ascendenza baudelairiana della figura femminile, fugacemente intravista tra la folla anonima di una grande città.

La città moderna in Saba, Campana, Cardarelli: l'archetipo Baudelaire

GIULIO, Rosa
2011-01-01

Abstract

La produzione letteraria di Saba, Campana e Cardarelli, esaminata limitatamente all’arco temporale 1911-1913, quale ‘campione’ della lirica del primo Novecento italiano, documenta come l’archetipo di città moderna – creato dall’immaginario di Baudelaire e ripreso in maniera visionaria da Rimbaud – sia parte imprescindibile della memoria poetica contemporanea. Si analizza, quindi, preliminarmente (con rigoroso metodo intertestuale e comparatistico di raffronto diretto con i testi in lingua francese) in che modo la labirintica metropoli moderna, che già nella seconda metà dell’Ottocento attira e respinge con la sua ambigua fascinazione il poeta di Les Fleurs du mal, si trasformi nello scenario inquietante della mercificazione e della società di massa. In tale contesto è letta la lirica, Le Cygne, in cui nella sovrapposizione della vecchia e della nuova Parigi si epifanizza la figura della perdita e della privazione, della separazione e dell’esilio, quali espressioni stranianti della tentacolare città moderna. Dall’inedito percorso ermeneutico emerge che questo archetipo, definitivamente fissato da Baudelaire (e da Rimbaud) nell’immaginario poetico, si ritrova, all’inizio del Novecento, nella lirica di Saba, nell’ossimorica scontrosa / grazia della sua Trieste, negli aspetti più squallidi dell’esistenza vissuta tra gli inferni cittadini, negli elementari livelli di vita dell’anonima e brulicante folla, a cui le segrete pulsioni del poeta, quasi religiosamente, aderiscono. La presenza dell’archetipo Baudelaire è indagata anche nei Canti orfici di Dino Campana, dove le vie tortuose, tra postriboli e taverne, delle città tumultuose, che si presentano al poeta come allegorie del panorama scheletrico del mondo, evocano gli aspetti più arcani dei paesaggi urbani dei Tableaux parisiens. Le città di Campana, la sua Faenza, Firenze, Bologna e soprattutto Genova, ma anche qualche metropoli d’oltreoceano, come Montevideo, con il fascino dell’artificiale e dell’inorganico, la febbre di denaro e di successo immediato, il trionfo di tutte le forme possibili di prostituzione richiamano nelle visioni e nelle espressioni le spleenetiche e desolate immagini di Baudelaire (e di Rimbaud). La fugitive beauté delle Fleurs ritorna poi nell’Adolescente di Vincenzo Cardarelli, dove la fanciulla, che si muove in un’aura di sacro mistero, conferma l’ascendenza baudelairiana della figura femminile, fugacemente intravista tra la folla anonima di una grande città.
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