In virtù del suo potenziale immaginifico, Victor Hugo è riuscito a plasmare il linguaggio fino a rendere possibile l’indicibile, esprimendo stati d’animo e sensazioni rimasti inespressi. Il nostro studio, partendo dalla considerazione della riscoperta etimologica rivelatrice del senso originario della parola, propone di analizzare alcune tra le espressioni più significative dell’opera hugoliana per far luce su immagini e metafore che rivelano la presenza della psicoanalisi nei suoi scritti. Sulla base degli studi condotti da Charles Baudouin, in particolare nella sua "Psychanalyse de Victor Hugo", cerchiamo di dimostrare in che misura la psicoanalisi del testo riporti costantemente a quella della vita, attraverso l’analisi del personaggio e le libere associazioni care all’autore. La fonte dell’atto creativo hugoliano si concentra sul duplice processo di mobilitazione e di concentrazione della libido o di quello che lo stesso Baudouin definisce il suo "potentiel affectif". Tratti caratteristici, quali l’antitesi, sono presi in considerazione per evidenziare comportamenti e patologie oggetto della psicoanalisi. Ci occupiamo del noto personaggio di Jean Valjean; questi, ad esempio, nell’atto di nascondersi in un convento, attua il mito del rifugio materno. La madre di Hugo, figura terribile e fatale, si era fissata in maniera traumatica nella sua mente fino a raffigurarsi come un ragno. Si stabilisce tra la fatalità (anankè) e sua madre (arachnè) un rapporto simbiotico tanto che, persino l’eroe-Valjean, necessita di spazi-prigione per trovare la pace sperata. Attraverso la proposta e l’analisi di descrizioni significative, il nostro studio focalizza l'attenzione sul linguaggio supportato dall’esperienza psicanalitica per evidenziare conflitti antichi, innanzitutto quello dell’anankè, nella sua tensione estrema tra l’eroe e l’altro.

Victor Hugo, la langue à travers la psychanalyse

PELLEGRINO, ROSARIO
2011-01-01

Abstract

In virtù del suo potenziale immaginifico, Victor Hugo è riuscito a plasmare il linguaggio fino a rendere possibile l’indicibile, esprimendo stati d’animo e sensazioni rimasti inespressi. Il nostro studio, partendo dalla considerazione della riscoperta etimologica rivelatrice del senso originario della parola, propone di analizzare alcune tra le espressioni più significative dell’opera hugoliana per far luce su immagini e metafore che rivelano la presenza della psicoanalisi nei suoi scritti. Sulla base degli studi condotti da Charles Baudouin, in particolare nella sua "Psychanalyse de Victor Hugo", cerchiamo di dimostrare in che misura la psicoanalisi del testo riporti costantemente a quella della vita, attraverso l’analisi del personaggio e le libere associazioni care all’autore. La fonte dell’atto creativo hugoliano si concentra sul duplice processo di mobilitazione e di concentrazione della libido o di quello che lo stesso Baudouin definisce il suo "potentiel affectif". Tratti caratteristici, quali l’antitesi, sono presi in considerazione per evidenziare comportamenti e patologie oggetto della psicoanalisi. Ci occupiamo del noto personaggio di Jean Valjean; questi, ad esempio, nell’atto di nascondersi in un convento, attua il mito del rifugio materno. La madre di Hugo, figura terribile e fatale, si era fissata in maniera traumatica nella sua mente fino a raffigurarsi come un ragno. Si stabilisce tra la fatalità (anankè) e sua madre (arachnè) un rapporto simbiotico tanto che, persino l’eroe-Valjean, necessita di spazi-prigione per trovare la pace sperata. Attraverso la proposta e l’analisi di descrizioni significative, il nostro studio focalizza l'attenzione sul linguaggio supportato dall’esperienza psicanalitica per evidenziare conflitti antichi, innanzitutto quello dell’anankè, nella sua tensione estrema tra l’eroe e l’altro.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/3093665
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