In un epoca in cui il corpo umano è oggetto di sperimentazione, in cui la manipolazione genetica delle cellule sembra annunciare un’umanità programmata secondo caratteristiche psicofisiche predeterminate, in cui il concet-to di eutanasia sta riaffiorando nella nostra cultura - e notizie di una sua pratica attiva sempre più spesso emer-gono dalle pagine dei giornali o dalle immagini televisive - anche il fenomeno del suicidio va forse riconsiderato e necessita di ulteriori approfondimenti. La prassi dell’auto-eliminazione è conosciuta fin dai tempi più antichi; l’uomo sa che la sua vita deve cessare e spesso, con un gesto, ha voluto porre fine alla sua esistenza volontariamente. Atto che si pone al termine di una commedia rappresentata spesso con clamore o a fil di fiato, da tutti amata ed odiata, il suicidio è immerso in un contesto esistenziale che prende in considerazione le più alte questioni: la vita e la morte. Mai come oggi nella nostra società il confine tra il concetto di vita e morte si è fatto estremamente sottile: non perché il primo abbia perso il proprio senso a favore del secondo, piuttosto perché entrambi hanno perso il loro “significato sacro”. Nella cultura e nei costumi contemporanei è insita però una contraddizione: da una parte abbiamo migliorato le condizioni materiali dell'esistenza dall'altra, invece, troviamo difficoltà a dare un senso alla nostra vita. Paradossalmente proprio nella ricerca di un senso da attribuire all'esistenza, nella riappropriazio-ne della propria soggettività, il suicidio, argomento così inquietante per certi versi, assume una particolare rile-vanza. La condotta suicidaria non può essere ridotta ad una pura e semplice patologia psichica: l'atto del suicidio non è da considerarsi sui generis; il suicidio va considerato come un agire che si inserisce in uno specifico contesto sociale. Come molti studi hanno evidenziato, a partire da Le Suicide di Durkheim, in particolari momenti del di-venire sociale i suicidi sembrano presentarsi con maggior frequenza. Quando l'apparato della cultura si depoten-zia, è più facile che gli individui scelgano la soluzione autochirica ai propri problemi. In Italia ogni giorno si suicidano persone giovani, mentre altre tentano di farlo, ciò nonostante si tende ad oc-cultare se non addirittura a negare l'esistenza di tale fenomeno. Al contrario occorrerebbe parlare di una emer-genza sociale sempre più crescente, la cui origine è complessa. Per la sua spiegazione è necessario rifarsi ad un intreccio di fattori sociali, psicologici, biologici. Innumerevoli sono gli interrogativi che tale complessità propo-ne: come si può prevenire una condotta così disperata? Quali possono essere le risposte dei servizi? Quali sono i fattori di rischio più comuni? Tentare di dare una risposta a questi interrogativi e a molteplici altri legati all'atto del suicidio non è stato faci-le in passato e non lo sarà in futuro. Lo spunto per la ricerca di un significato da attribuire al gesto del suicidio ci è dato dal ripetersi degli atti au-tochirici che si continuano a susseguire giorno dopo giorno, istante dopo istante, pur mutando le condizioni so-ciali. Affrontare uno studio su un argomento così dibattuto quale il suicidio, porta il ricercatore a dover scontrar-si con molteplici difficoltà; esse sono sia di carattere culturale sia di carattere metodologico.
A proposito della libertà di vivere e morire. Il suicidio come espressione dell'onore
MANGONE, Emiliana
1995-01-01
Abstract
In un epoca in cui il corpo umano è oggetto di sperimentazione, in cui la manipolazione genetica delle cellule sembra annunciare un’umanità programmata secondo caratteristiche psicofisiche predeterminate, in cui il concet-to di eutanasia sta riaffiorando nella nostra cultura - e notizie di una sua pratica attiva sempre più spesso emer-gono dalle pagine dei giornali o dalle immagini televisive - anche il fenomeno del suicidio va forse riconsiderato e necessita di ulteriori approfondimenti. La prassi dell’auto-eliminazione è conosciuta fin dai tempi più antichi; l’uomo sa che la sua vita deve cessare e spesso, con un gesto, ha voluto porre fine alla sua esistenza volontariamente. Atto che si pone al termine di una commedia rappresentata spesso con clamore o a fil di fiato, da tutti amata ed odiata, il suicidio è immerso in un contesto esistenziale che prende in considerazione le più alte questioni: la vita e la morte. Mai come oggi nella nostra società il confine tra il concetto di vita e morte si è fatto estremamente sottile: non perché il primo abbia perso il proprio senso a favore del secondo, piuttosto perché entrambi hanno perso il loro “significato sacro”. Nella cultura e nei costumi contemporanei è insita però una contraddizione: da una parte abbiamo migliorato le condizioni materiali dell'esistenza dall'altra, invece, troviamo difficoltà a dare un senso alla nostra vita. Paradossalmente proprio nella ricerca di un senso da attribuire all'esistenza, nella riappropriazio-ne della propria soggettività, il suicidio, argomento così inquietante per certi versi, assume una particolare rile-vanza. La condotta suicidaria non può essere ridotta ad una pura e semplice patologia psichica: l'atto del suicidio non è da considerarsi sui generis; il suicidio va considerato come un agire che si inserisce in uno specifico contesto sociale. Come molti studi hanno evidenziato, a partire da Le Suicide di Durkheim, in particolari momenti del di-venire sociale i suicidi sembrano presentarsi con maggior frequenza. Quando l'apparato della cultura si depoten-zia, è più facile che gli individui scelgano la soluzione autochirica ai propri problemi. In Italia ogni giorno si suicidano persone giovani, mentre altre tentano di farlo, ciò nonostante si tende ad oc-cultare se non addirittura a negare l'esistenza di tale fenomeno. Al contrario occorrerebbe parlare di una emer-genza sociale sempre più crescente, la cui origine è complessa. Per la sua spiegazione è necessario rifarsi ad un intreccio di fattori sociali, psicologici, biologici. Innumerevoli sono gli interrogativi che tale complessità propo-ne: come si può prevenire una condotta così disperata? Quali possono essere le risposte dei servizi? Quali sono i fattori di rischio più comuni? Tentare di dare una risposta a questi interrogativi e a molteplici altri legati all'atto del suicidio non è stato faci-le in passato e non lo sarà in futuro. Lo spunto per la ricerca di un significato da attribuire al gesto del suicidio ci è dato dal ripetersi degli atti au-tochirici che si continuano a susseguire giorno dopo giorno, istante dopo istante, pur mutando le condizioni so-ciali. Affrontare uno studio su un argomento così dibattuto quale il suicidio, porta il ricercatore a dover scontrar-si con molteplici difficoltà; esse sono sia di carattere culturale sia di carattere metodologico.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.