Il saggio offre una ricostruzione della figura delle dichiarazioni anticipate di trattamento diretta a individuare, in via interpretativa e alla luce di principi costituzionali e sovranazionali, una trama di regole in grado di dare vita a una disciplina giuridica adeguata della fattispecie. Al momento della pubblicazione del saggio il dibattito italiano sui problemi etici e giuridici sollevati dalle decisioni di fine-vita era appena agli inizi. Costituivano significativi elementi di novità, dai quali prende avvio la riflessione, il parere del Comitato Nazionale per la bioetica (18 dicembre 2003) e la prima pronuncia in materia della giurisprudenza di merito (Appello di Milano, 18 dicembre 2003). Dopo avere tratteggiato le nozioni di testamento biologico e di fiduciario per la salute, il lavoro esamina la posizione dell’ordinamento italiano in ordine all’assunzione delle decisioni relative alla salute dei soggetti incapaci. Rilevata l’inadeguatezza delle tradizionali categorie dell’incapacità legale o naturale e della rappresentanza legale ad applicarsi a interessi e rapporti strettamente inerenti la sfera personale, si ravvisa una linea di tendenza che valorizza l’autonomia delle persone legalmente incapaci, purché dotate di adeguata consapevolezza e maturità di giudizio. Là dove la partecipazione dell’interessato al processo decisionale medico non sia invece possibile si prospetta, anticipando le prese di posizione della giurisprudenza di legittimità, l’estensione dei poteri del legale rappresentante all’attività di sostituzione nella prestazione del consenso informato, quale forma di «cura della persona» dell’incapace (artt. 357 e 424 c.c.). Il lavoro offre, quindi, un inquadramento delle dichiarazioni anticipate di trattamento nel vigente ordinamento. Esse appaiono uno strumento adeguato a ripristinare la fisionomia necessariamente bipolare del rapporto di cura, inevitabilmente compromessa dalla condizione di incapacità del paziente. L’attitudine delle direttive anticipate a promuovere la realizzazione della personalità umana sino alle ultime fasi dell’esistenza, assicurando il rispetto della dignità e dell’identità personale del disponente, richiede tuttavia una verifica in concreto, che assegna centralità al controllo di liceità. In questa prospettiva sono esaminati i problemi delle disposizioni aventi valore eutanasico; del rifiuto delle cure palliative; della richiesta di accanimento terapeutico; del rifiuto dei trattamenti di nutrizione e idratazione artificiale. Si esaminano, poi, le questioni della sopravvenienza di progressi medici che dischiudano prospettive di guarigione in precedenza imprevedibili e dello stato di gravidanza della disponente, che richiedono un’interpretazione evolutiva della direttiva anticipata in un nuovo quadro di riferimento. Un ulteriore profilo problematico è rappresentato dalla forma della manifestazione di volontà anticipata. Alla luce della riflessione dottrinale e giurisprudenziale sul problema della forma degli atti incidenti su interessi e valori di natura esistenziale, si reputa possibile riferire alle direttive anticipate la necessità di una forma scritta, in virtù dell’attitudine a realizzare interessi di preminente rilievo costituzionale. In questa prospettiva si ammette l’intervento notarile, del quale anzi si sottolinea la funzionalità al controllo di conformità dell’atto all’ordinamento giuridico. Il lavoro esamina, poi, il problema della revocabilità delle dichiarazioni anticipate di trattamento, allo scopo di verificare sia il fondamento che la giustifica sul piano sistematico e assiologico sia la regola che possa presiedere alla disciplina della revoca. Per quanto riguarda il primo profilo, dall’incidenza dell’atto su interessi di natura esistenziale discende l’esigenza di una piena e irrinunciabile revocabilità, insuscettibile di trovare limiti nella clausola di buona fede. Alla luce della funzione propria del negozio, la revoca è svincolata da qualsiasi requisito formale, sì da potersi compiere in modo espresso o tacito, con qualsiasi mezzo idoneo a manifestare un volere non più corrispondente a quello già espresso. Da ultimo, il saggio affronta il problema del valore vincolante o orientativo delle direttive anticipate. Dopo avere esaminato i principali orientamenti in materia, si profila la soluzione di verificare nel singolo caso concreto il grado di impegnatività riferibile al testamento biologico, tracciando alcuni criteri di orientamento interpretativo.

Profili ricostruttivi delle dichiarazioni anticipate di trattamento

CARAPEZZA FIGLIA, Gabriele
2004-01-01

Abstract

Il saggio offre una ricostruzione della figura delle dichiarazioni anticipate di trattamento diretta a individuare, in via interpretativa e alla luce di principi costituzionali e sovranazionali, una trama di regole in grado di dare vita a una disciplina giuridica adeguata della fattispecie. Al momento della pubblicazione del saggio il dibattito italiano sui problemi etici e giuridici sollevati dalle decisioni di fine-vita era appena agli inizi. Costituivano significativi elementi di novità, dai quali prende avvio la riflessione, il parere del Comitato Nazionale per la bioetica (18 dicembre 2003) e la prima pronuncia in materia della giurisprudenza di merito (Appello di Milano, 18 dicembre 2003). Dopo avere tratteggiato le nozioni di testamento biologico e di fiduciario per la salute, il lavoro esamina la posizione dell’ordinamento italiano in ordine all’assunzione delle decisioni relative alla salute dei soggetti incapaci. Rilevata l’inadeguatezza delle tradizionali categorie dell’incapacità legale o naturale e della rappresentanza legale ad applicarsi a interessi e rapporti strettamente inerenti la sfera personale, si ravvisa una linea di tendenza che valorizza l’autonomia delle persone legalmente incapaci, purché dotate di adeguata consapevolezza e maturità di giudizio. Là dove la partecipazione dell’interessato al processo decisionale medico non sia invece possibile si prospetta, anticipando le prese di posizione della giurisprudenza di legittimità, l’estensione dei poteri del legale rappresentante all’attività di sostituzione nella prestazione del consenso informato, quale forma di «cura della persona» dell’incapace (artt. 357 e 424 c.c.). Il lavoro offre, quindi, un inquadramento delle dichiarazioni anticipate di trattamento nel vigente ordinamento. Esse appaiono uno strumento adeguato a ripristinare la fisionomia necessariamente bipolare del rapporto di cura, inevitabilmente compromessa dalla condizione di incapacità del paziente. L’attitudine delle direttive anticipate a promuovere la realizzazione della personalità umana sino alle ultime fasi dell’esistenza, assicurando il rispetto della dignità e dell’identità personale del disponente, richiede tuttavia una verifica in concreto, che assegna centralità al controllo di liceità. In questa prospettiva sono esaminati i problemi delle disposizioni aventi valore eutanasico; del rifiuto delle cure palliative; della richiesta di accanimento terapeutico; del rifiuto dei trattamenti di nutrizione e idratazione artificiale. Si esaminano, poi, le questioni della sopravvenienza di progressi medici che dischiudano prospettive di guarigione in precedenza imprevedibili e dello stato di gravidanza della disponente, che richiedono un’interpretazione evolutiva della direttiva anticipata in un nuovo quadro di riferimento. Un ulteriore profilo problematico è rappresentato dalla forma della manifestazione di volontà anticipata. Alla luce della riflessione dottrinale e giurisprudenziale sul problema della forma degli atti incidenti su interessi e valori di natura esistenziale, si reputa possibile riferire alle direttive anticipate la necessità di una forma scritta, in virtù dell’attitudine a realizzare interessi di preminente rilievo costituzionale. In questa prospettiva si ammette l’intervento notarile, del quale anzi si sottolinea la funzionalità al controllo di conformità dell’atto all’ordinamento giuridico. Il lavoro esamina, poi, il problema della revocabilità delle dichiarazioni anticipate di trattamento, allo scopo di verificare sia il fondamento che la giustifica sul piano sistematico e assiologico sia la regola che possa presiedere alla disciplina della revoca. Per quanto riguarda il primo profilo, dall’incidenza dell’atto su interessi di natura esistenziale discende l’esigenza di una piena e irrinunciabile revocabilità, insuscettibile di trovare limiti nella clausola di buona fede. Alla luce della funzione propria del negozio, la revoca è svincolata da qualsiasi requisito formale, sì da potersi compiere in modo espresso o tacito, con qualsiasi mezzo idoneo a manifestare un volere non più corrispondente a quello già espresso. Da ultimo, il saggio affronta il problema del valore vincolante o orientativo delle direttive anticipate. Dopo avere esaminato i principali orientamenti in materia, si profila la soluzione di verificare nel singolo caso concreto il grado di impegnatività riferibile al testamento biologico, tracciando alcuni criteri di orientamento interpretativo.
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