Il volume esamina le evoluzioni del sistema di giustizia penale sui criminali internazionali. Si tratta di cambiamenti riscontrabili sul piano normativo e, soprattutto, sul piano di attuazione del diritto, che riflettono le più ampie trasformazioni strutturali conosciute dalla comunità internazionale: classicamente circoscritta ai soli Stati essa muove oggi verso una dimensione «globale», aperta ad una pluralità di attori. I conflitti interni e le tensioni interetniche che in tempi recenti hanno dominato la scena internazionale hanno spostato l’interesse politico e l’attenzione della dottrina sugli individui quali principali vittime e al tempo stesso autori di efferate violazioni dei diritti più essenziali della persona. Nelle attuali tipologie di conflitti un ruolo decisivo nella pianificazione dei crimini di massa e negli abusi sistematicamente commessi è attribuibile non solo ad organi di un apparato governativo, ma sempre più spesso a gruppi armati, paramilitari, ribelli – entità non statali – che dello Stato replicano, nella maggioranza dei casi, l’organizzazione e la strutturazione gerarchica. I nuovi attori, le nuove responsabilità, le attuali forme di minaccia alla pace hanno quindi richiamato l’attenzione della comunità internazionale sulla urgenza di individuare chiaramente le norme di diritto internazionale applicabile e di assicurare la conformità del comportamento individuale a tali norme. Alla prima di tali esigenze si è risposto indicando inviolabili standards di umanità applicabili in qualsiasi circostanza, in tempo di guerra o di pace, e vincolanti tanto per gli Stati quanto per gli attori non statali che sono emersi sulla scena internazionale. La seconda è stata invece soddisfatta dal riconoscimento del principio della responsabilità penale internazionale degli individui per la commissione di crimini contro la pace e la sicurezza dell’umanità e dalla creazione di tribunali internazionali competenti a giudicare gli autori delle violazioni gravi del diritto internazionale umanitario. Con la creazione nell’immediato dopoguerra dei Tribunali di Norimberga e di Tokyo, l’istituzione negli anni ’90 dei Tribunali penali internazionali per la ex–Jugoslavia e per il Ruanda e, più recentemente, della Corte penale internazionale e delle giurisdizioni miste in Est Timor, Kossovo, Sierra Leone, Cambogia e Libano, il XXI secolo è salutato dalla dottrina come il secolo della consacrazione della responsabilità penale internazionale degli individui e della nascita di un «nuovo ordine mondiale». L’internazionalizzazione di ambiti, quale quello della giurisdizione penale, un tempo riservati alla competenza domestica degli Stati esprime, già nella costruzione di Friedmann l’evoluzione strutturale della comunità internazionale classica. Fondata sul principio della sovranità statale, essa è risultata infatti incapace di rispondere alle esigenze e alle responsabilità dei nuovi protagonisti della realtà internazionale. La difficoltà, sempre più frequente, a ricondurre a strutture governative le attività di non state–actors (si pensi ad esempio alla responsabilità di individui e gruppi di individui nella commissione di atti di terrorismo), ha indotto quindi la dottrina ad interrogarsi sui cambiamenti in corso nelle relazioni internazionali e nel relativo ordinamento: Hofmann cura il symposium sulla soggettività internazionale dei nuovi attori non statali quale segno del passaggio «from the traditional state order towards the law of the global community»; Ascensio, Decaux e Pellet riconducono alla affermazione del diritto internazionale penale la nascita «d’un nouvel ordre international» trascendente la sovranità degli Stati; Meron individua nella creazione dei tribunali penali internazionali «an important change in the status of individuals as subjects of international law»; la istituzione di strumenti di giurisdizione penale universale rivela per Abi–Saab la tendenza «to go beyond the interstate level and to reach for the level of the real (or ultimate) beneficiaries of humanitarian protection, i.e. individuals and groups of individuals». Gli orientamenti dottrinali cui facciamo riferimento – e a cui la nostra indagine si ricollega – si soffermano su due diversi piani di indagine: i nuovi attori della scena internazionale e la attuale dimensione dell’ordinamento internazionale; il tendenziale ampliamento della base sociale oggetto dell’analisi suggestiva e critica di Arangio–Ruiz e della impostazione «multidisciplinare» di Cassese, una estensione, cioè, orizzontale della comunità internazionale allargata anche a partecipanti attivi diversi dagli Stati, e una crescita verticale dello scopo del diritto internazionale, individuata da Friedmann nell’internazionalizzazione di alcune materie precedentemente riservate alla competenza degli ordinamenti nazionali. Ma, se è possibile, come si realizza concretamente la convergenza tra questi due profili? Tra proliferazione ed eterogeneità degli attori internazionali e accentramento ed uniformità della gestione delle funzioni essenziali dell’ordinamento internazionale? Rispondere a tali interrogativi significa chiarire, sul piano pratico e non meramente teorico, come si è evoluta strutturalmente la comunità internazionale. Una delle chiavi di lettura è fornita da una attività «integrata», di «cogestione» – tra Stati ed istituzioni internazionali – delle funzioni di attuazione delle norme tutelanti valori fondamentali della comunità internazionale. Il «sistema integrato di enforcement» si realizza «attraverso una limitazione della sovranità degli Stati» sottoponendo «la loro attività sanzionatoria ad un apprezzamento di legittimità svolto da organi internazionali e coordinandola con quella di organismi internazionali». Il quesito cui il presente lavoro cerca di rispondere è in sostanza se una tale integrazione sia riscontrabile anche nel settore della responsabilità penale internazionale degli individui e nel sistema di giustizia penale sui criminali. La dottrina, che pure molto si è dedicata ai temi della repressione dei crimina juris gentium e della evoluzione del diritto internazionale penale, non riconduce la propria indagine ad una più ampia organizzazione sistematica dei profili strutturali della crescente comunità globale. Nel ripercorrere le evoluzioni del sistema di giustizia penale internazionale, il presente lavoro si inscrive invece nell’orientamento dottrinale da ultimo citato che individua nei processi di integrazione tra sistemi giuridici interni ed internazionali uno dei pilastri dell’emergente diritto della comunità globale. Il titolo del volume risponde appunto al contenuto dell’opera che esamina il passaggio da un sistema di repressione dei crimini puramente internistico ad un sistema misto (diretto ed indiretto) di enforcement del diritto internazionale penale, rimesso cioè a Stati ed istituzioni internazionali. Nell’ottica descritta la nostra indagine ripercorre tre fasi evolutive del sistema di giustizia penale sui criminali che potremmo definire rispettivamente internazionale, transnazionale e sovrannazionale (o universale). 1) Il momento internazionale caratterizza il periodo che va dalla pace di Westphalia all’istituzione del Tribunale di Norimberga e risponde alle caratteristiche della comunità internazionale classica, fondata sul principio della sovranità statale, su una soggettività internazionale esclusiva dello Stato e sulla assenza di obblighi e conseguenti responsabilità internazionali dell’individuo nel senso di persona fisica. La codificazione del diritto internazionale umanitario e delle prime «leggi d’umanità e della coscienza pubblica» non intacca il carattere interstatale del diritto internazionale che si rivolge, eventualmente, solo ad individui–organi dello Stato (appartenenti alle forze armate o capi di Stato e di Governo). 2) La fase transnazionale – che si instaura con la fine del secondo conflitto mondiale e l’istituzione dei primi tribunali militari del dopoguerra – è caratterizzata dalla cooperazione statale in materie di comune interesse, quali la repressione dei crimina juris gentium. In questo periodo il diritto internazionale si arricchisce di norme che si indirizzano anche alle persone fisiche, ma l’attuazione di tali norme è ancora, quasi totalmente, rimessa agli apparati repressivi nazionali. In questa fase, contraddistinta dalla attività di intermediazione statale nei rapporti tra diritto internazionale ed individui, alla soggettività principale dello Stato si affianca quella secondaria, parziale, indiretta, di attori individuali. Sebbene si avvii un processo di internazionalizzazione della giurisdizione penale, il diritto internazionale penale, ancora in fase embrionale, è connotato dalla eccezionalità. 3) Con la fine del bipolarismo, il recuperato dinamismo delle Nazioni Unite e la proliferazione dei tribunali penali internazionali, si consolida il processo di internazionalizzazione della giurisdizione penale anche sul piano repressivo. Gli Stati continuano a giocare un ruolo decisivo nella attuazione del diritto internazionale violato da individui, ma condividono tale funzione con le istituzioni internazionali. Tale condivisione è improntata al principio di complementarità che consente agli organi internazionali di intervenire in via sussidiaria nella gestione delle funzioni «pubbliche», assicurando la necessaria obiettività ed imparzialità della amministrazione di interessi «universali», comuni ad una eterogeneità di attori internazionali. L’indagine condotta non pretende di approfondire esaustivamente le caratteristiche del diritto internazionale penale. Essa coglie però alcuni tratti evolutivi della disciplina che appaiono sufficientemente chiari per potere essere messi a fuoco ed esaminati nel quadro più ampio degli effetti della globalizzazione sull’ordine internazionale. Sicuramente non siamo ancora giunti a quella codificazione «giuridicamente razionale e globale» del diritto internazionale penale auspicata anche da Bassiouni, ma possono già intravedersi le caratteristiche essenziali della nuova dimensione di tale disciplina, di un complesso di regole emergenti relative alla responsabilità degli autori di crimina juris gentium: «the new international criminal law of the global community». Tali caratteristiche esprimono il nuovo ruolo assunto dagli individui nella comunità internazionale, la inclusione del diritto penale tra i «new fields of international law» e la conseguente denazionalizzazione della giustizia penale. Esse emergono sotto diversi profili intorno ai quali si sviluppa l’indagine, in particolare: a) le fonti b) i soggetti c) il contenuto d) le garanzie. a) Per quanto concerne le fonti, il principio della responsabilità penale internazionale degli individui è ascritto direttamente all’ordinamento internazionale, indipendentemente da assenti o diverse prescrizioni contenute negli ordinamenti interni; b) in merito ai destinatari dell’obbligo di non commettere crimina juris gentium, la responsabilità penale internazionale è riferita agli individui nel senso di persone fisiche e non di individui–organi dello Stato; c) relativamente al contenuto del diritto internazionale penale, l’evoluzione delle fattispecie criminose conferma la «natura personale» della responsabilità penale internazionale e la applicazione anche agli attuali conflitti non internazionali di alcuni divieti formatisi originariamente per la sola disciplina delle guerre tra Stati; d) infine, l’attuazione del diritto internazionale penale, quando non sia rimessa ad istituzioni internazionali, è affidata a giurisdizioni «internazionalizzate» o comunque «miste», a discapito del tradizionale monopolio statale nella repressione dei crimini. Sul piano organizzativo il volume è suddiviso in tre capitoli, segnatamente: Capitolo I – Crimina juris gentium e responsabilità penale internazionale; Capitolo II – La repressione statale dei crimini internazionali; Capitolo III – La giustizia internazionale penale. La prima parte dell’indagine è volta alla ricostruzione del quadro normativo relativo all’attuale posizione dell’individuo quale destinatario di obblighi internazionali in materia penale. Nel ripercorrere l’evoluzione che ha interessato il diritto internazionale penale, particolare attenzione sarà dedicata sia ai lavori di codificazione della Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite relativi alla disciplina dei crimini contro la pace e la sicurezza dell’umanità, sia alla giurisprudenza sempre più copiosa dei Tribunali penali internazionali ad hoc. Il secondo capitolo analizza il sistema della giustizia criminale internazionale improntato alla complementarità tra le istituzioni nazionali ed internazionali. Segnatamente, muovendo dalla evoluzione della giurisdizione universale si illustrerà il processo di internazionalizzazione degli strumenti repressivi a disposizione degli Stati di cui costituisce sicura manifestazione la diretta individuazione nel diritto internazionale sia della fonte della criminalizzazione del comportamento individuale, sia dei limiti all’attività repressiva nazionale quali l’irrilevanza della qualità ufficiale di organo dello Stato rivestita dal presunto criminale, il divieto di amnistia, l’imprescrittibilità dei crimini. Infine, la terza parte del volume si occupa dell’internazionalizzazione degli strumenti di garanzia realizzata attraverso la creazione di giurisdizioni internazionali che, ancorché concorrenti o complementari rispetto alle istituzioni nazionali, sono competenti a giudicare gli individui in posizione di primazia (o comunque verticale) rispetto a queste ultime. Parte della indagine si è quindi concentrata sul carattere prevalente della giurisdizione dei tribunali internazionali penali ad hoc rispetto a quella delle corti nazionali nonché sull’esercizio della stessa giurisdizione penale internazionale in violazione della sovranità statale. Significativo è stato l’esame dello Statuto della Corte penale internazionale e principalmente delle disposizioni relative alla giurisdizione della Corte, ai meccanismi di attivazione, ai rapporti con le giurisdizioni nazionali, la cui analisi è risultata essenziale al fine di valutare le modalità della cooperazione in materia penale e la sua effettiva espansione. Completano il quadro degli strumenti di enforcement del diritto internazionale penale le più recenti giurisdizioni cd. «ibride» o «internazionalizzate», create sotto l’impulso delle Nazioni Unite per reprimere i crimini commessi in Est Timor, Kossovo, Sierra Leone, Cambogia e Libano e accomunate, oltre che dal ruolo decisivo dell’ONU nella loro istituzione, anche dalla natura «mista» – interna ed internazionale – della loro struttura e del diritto applicabile.

La responsabilità penale internazionale degli individui: tra sovranità statale e giurisdizione universale

ORIOLO, Anna
2008-01-01

Abstract

Il volume esamina le evoluzioni del sistema di giustizia penale sui criminali internazionali. Si tratta di cambiamenti riscontrabili sul piano normativo e, soprattutto, sul piano di attuazione del diritto, che riflettono le più ampie trasformazioni strutturali conosciute dalla comunità internazionale: classicamente circoscritta ai soli Stati essa muove oggi verso una dimensione «globale», aperta ad una pluralità di attori. I conflitti interni e le tensioni interetniche che in tempi recenti hanno dominato la scena internazionale hanno spostato l’interesse politico e l’attenzione della dottrina sugli individui quali principali vittime e al tempo stesso autori di efferate violazioni dei diritti più essenziali della persona. Nelle attuali tipologie di conflitti un ruolo decisivo nella pianificazione dei crimini di massa e negli abusi sistematicamente commessi è attribuibile non solo ad organi di un apparato governativo, ma sempre più spesso a gruppi armati, paramilitari, ribelli – entità non statali – che dello Stato replicano, nella maggioranza dei casi, l’organizzazione e la strutturazione gerarchica. I nuovi attori, le nuove responsabilità, le attuali forme di minaccia alla pace hanno quindi richiamato l’attenzione della comunità internazionale sulla urgenza di individuare chiaramente le norme di diritto internazionale applicabile e di assicurare la conformità del comportamento individuale a tali norme. Alla prima di tali esigenze si è risposto indicando inviolabili standards di umanità applicabili in qualsiasi circostanza, in tempo di guerra o di pace, e vincolanti tanto per gli Stati quanto per gli attori non statali che sono emersi sulla scena internazionale. La seconda è stata invece soddisfatta dal riconoscimento del principio della responsabilità penale internazionale degli individui per la commissione di crimini contro la pace e la sicurezza dell’umanità e dalla creazione di tribunali internazionali competenti a giudicare gli autori delle violazioni gravi del diritto internazionale umanitario. Con la creazione nell’immediato dopoguerra dei Tribunali di Norimberga e di Tokyo, l’istituzione negli anni ’90 dei Tribunali penali internazionali per la ex–Jugoslavia e per il Ruanda e, più recentemente, della Corte penale internazionale e delle giurisdizioni miste in Est Timor, Kossovo, Sierra Leone, Cambogia e Libano, il XXI secolo è salutato dalla dottrina come il secolo della consacrazione della responsabilità penale internazionale degli individui e della nascita di un «nuovo ordine mondiale». L’internazionalizzazione di ambiti, quale quello della giurisdizione penale, un tempo riservati alla competenza domestica degli Stati esprime, già nella costruzione di Friedmann l’evoluzione strutturale della comunità internazionale classica. Fondata sul principio della sovranità statale, essa è risultata infatti incapace di rispondere alle esigenze e alle responsabilità dei nuovi protagonisti della realtà internazionale. La difficoltà, sempre più frequente, a ricondurre a strutture governative le attività di non state–actors (si pensi ad esempio alla responsabilità di individui e gruppi di individui nella commissione di atti di terrorismo), ha indotto quindi la dottrina ad interrogarsi sui cambiamenti in corso nelle relazioni internazionali e nel relativo ordinamento: Hofmann cura il symposium sulla soggettività internazionale dei nuovi attori non statali quale segno del passaggio «from the traditional state order towards the law of the global community»; Ascensio, Decaux e Pellet riconducono alla affermazione del diritto internazionale penale la nascita «d’un nouvel ordre international» trascendente la sovranità degli Stati; Meron individua nella creazione dei tribunali penali internazionali «an important change in the status of individuals as subjects of international law»; la istituzione di strumenti di giurisdizione penale universale rivela per Abi–Saab la tendenza «to go beyond the interstate level and to reach for the level of the real (or ultimate) beneficiaries of humanitarian protection, i.e. individuals and groups of individuals». Gli orientamenti dottrinali cui facciamo riferimento – e a cui la nostra indagine si ricollega – si soffermano su due diversi piani di indagine: i nuovi attori della scena internazionale e la attuale dimensione dell’ordinamento internazionale; il tendenziale ampliamento della base sociale oggetto dell’analisi suggestiva e critica di Arangio–Ruiz e della impostazione «multidisciplinare» di Cassese, una estensione, cioè, orizzontale della comunità internazionale allargata anche a partecipanti attivi diversi dagli Stati, e una crescita verticale dello scopo del diritto internazionale, individuata da Friedmann nell’internazionalizzazione di alcune materie precedentemente riservate alla competenza degli ordinamenti nazionali. Ma, se è possibile, come si realizza concretamente la convergenza tra questi due profili? Tra proliferazione ed eterogeneità degli attori internazionali e accentramento ed uniformità della gestione delle funzioni essenziali dell’ordinamento internazionale? Rispondere a tali interrogativi significa chiarire, sul piano pratico e non meramente teorico, come si è evoluta strutturalmente la comunità internazionale. Una delle chiavi di lettura è fornita da una attività «integrata», di «cogestione» – tra Stati ed istituzioni internazionali – delle funzioni di attuazione delle norme tutelanti valori fondamentali della comunità internazionale. Il «sistema integrato di enforcement» si realizza «attraverso una limitazione della sovranità degli Stati» sottoponendo «la loro attività sanzionatoria ad un apprezzamento di legittimità svolto da organi internazionali e coordinandola con quella di organismi internazionali». Il quesito cui il presente lavoro cerca di rispondere è in sostanza se una tale integrazione sia riscontrabile anche nel settore della responsabilità penale internazionale degli individui e nel sistema di giustizia penale sui criminali. La dottrina, che pure molto si è dedicata ai temi della repressione dei crimina juris gentium e della evoluzione del diritto internazionale penale, non riconduce la propria indagine ad una più ampia organizzazione sistematica dei profili strutturali della crescente comunità globale. Nel ripercorrere le evoluzioni del sistema di giustizia penale internazionale, il presente lavoro si inscrive invece nell’orientamento dottrinale da ultimo citato che individua nei processi di integrazione tra sistemi giuridici interni ed internazionali uno dei pilastri dell’emergente diritto della comunità globale. Il titolo del volume risponde appunto al contenuto dell’opera che esamina il passaggio da un sistema di repressione dei crimini puramente internistico ad un sistema misto (diretto ed indiretto) di enforcement del diritto internazionale penale, rimesso cioè a Stati ed istituzioni internazionali. Nell’ottica descritta la nostra indagine ripercorre tre fasi evolutive del sistema di giustizia penale sui criminali che potremmo definire rispettivamente internazionale, transnazionale e sovrannazionale (o universale). 1) Il momento internazionale caratterizza il periodo che va dalla pace di Westphalia all’istituzione del Tribunale di Norimberga e risponde alle caratteristiche della comunità internazionale classica, fondata sul principio della sovranità statale, su una soggettività internazionale esclusiva dello Stato e sulla assenza di obblighi e conseguenti responsabilità internazionali dell’individuo nel senso di persona fisica. La codificazione del diritto internazionale umanitario e delle prime «leggi d’umanità e della coscienza pubblica» non intacca il carattere interstatale del diritto internazionale che si rivolge, eventualmente, solo ad individui–organi dello Stato (appartenenti alle forze armate o capi di Stato e di Governo). 2) La fase transnazionale – che si instaura con la fine del secondo conflitto mondiale e l’istituzione dei primi tribunali militari del dopoguerra – è caratterizzata dalla cooperazione statale in materie di comune interesse, quali la repressione dei crimina juris gentium. In questo periodo il diritto internazionale si arricchisce di norme che si indirizzano anche alle persone fisiche, ma l’attuazione di tali norme è ancora, quasi totalmente, rimessa agli apparati repressivi nazionali. In questa fase, contraddistinta dalla attività di intermediazione statale nei rapporti tra diritto internazionale ed individui, alla soggettività principale dello Stato si affianca quella secondaria, parziale, indiretta, di attori individuali. Sebbene si avvii un processo di internazionalizzazione della giurisdizione penale, il diritto internazionale penale, ancora in fase embrionale, è connotato dalla eccezionalità. 3) Con la fine del bipolarismo, il recuperato dinamismo delle Nazioni Unite e la proliferazione dei tribunali penali internazionali, si consolida il processo di internazionalizzazione della giurisdizione penale anche sul piano repressivo. Gli Stati continuano a giocare un ruolo decisivo nella attuazione del diritto internazionale violato da individui, ma condividono tale funzione con le istituzioni internazionali. Tale condivisione è improntata al principio di complementarità che consente agli organi internazionali di intervenire in via sussidiaria nella gestione delle funzioni «pubbliche», assicurando la necessaria obiettività ed imparzialità della amministrazione di interessi «universali», comuni ad una eterogeneità di attori internazionali. L’indagine condotta non pretende di approfondire esaustivamente le caratteristiche del diritto internazionale penale. Essa coglie però alcuni tratti evolutivi della disciplina che appaiono sufficientemente chiari per potere essere messi a fuoco ed esaminati nel quadro più ampio degli effetti della globalizzazione sull’ordine internazionale. Sicuramente non siamo ancora giunti a quella codificazione «giuridicamente razionale e globale» del diritto internazionale penale auspicata anche da Bassiouni, ma possono già intravedersi le caratteristiche essenziali della nuova dimensione di tale disciplina, di un complesso di regole emergenti relative alla responsabilità degli autori di crimina juris gentium: «the new international criminal law of the global community». Tali caratteristiche esprimono il nuovo ruolo assunto dagli individui nella comunità internazionale, la inclusione del diritto penale tra i «new fields of international law» e la conseguente denazionalizzazione della giustizia penale. Esse emergono sotto diversi profili intorno ai quali si sviluppa l’indagine, in particolare: a) le fonti b) i soggetti c) il contenuto d) le garanzie. a) Per quanto concerne le fonti, il principio della responsabilità penale internazionale degli individui è ascritto direttamente all’ordinamento internazionale, indipendentemente da assenti o diverse prescrizioni contenute negli ordinamenti interni; b) in merito ai destinatari dell’obbligo di non commettere crimina juris gentium, la responsabilità penale internazionale è riferita agli individui nel senso di persone fisiche e non di individui–organi dello Stato; c) relativamente al contenuto del diritto internazionale penale, l’evoluzione delle fattispecie criminose conferma la «natura personale» della responsabilità penale internazionale e la applicazione anche agli attuali conflitti non internazionali di alcuni divieti formatisi originariamente per la sola disciplina delle guerre tra Stati; d) infine, l’attuazione del diritto internazionale penale, quando non sia rimessa ad istituzioni internazionali, è affidata a giurisdizioni «internazionalizzate» o comunque «miste», a discapito del tradizionale monopolio statale nella repressione dei crimini. Sul piano organizzativo il volume è suddiviso in tre capitoli, segnatamente: Capitolo I – Crimina juris gentium e responsabilità penale internazionale; Capitolo II – La repressione statale dei crimini internazionali; Capitolo III – La giustizia internazionale penale. La prima parte dell’indagine è volta alla ricostruzione del quadro normativo relativo all’attuale posizione dell’individuo quale destinatario di obblighi internazionali in materia penale. Nel ripercorrere l’evoluzione che ha interessato il diritto internazionale penale, particolare attenzione sarà dedicata sia ai lavori di codificazione della Commissione di diritto internazionale delle Nazioni Unite relativi alla disciplina dei crimini contro la pace e la sicurezza dell’umanità, sia alla giurisprudenza sempre più copiosa dei Tribunali penali internazionali ad hoc. Il secondo capitolo analizza il sistema della giustizia criminale internazionale improntato alla complementarità tra le istituzioni nazionali ed internazionali. Segnatamente, muovendo dalla evoluzione della giurisdizione universale si illustrerà il processo di internazionalizzazione degli strumenti repressivi a disposizione degli Stati di cui costituisce sicura manifestazione la diretta individuazione nel diritto internazionale sia della fonte della criminalizzazione del comportamento individuale, sia dei limiti all’attività repressiva nazionale quali l’irrilevanza della qualità ufficiale di organo dello Stato rivestita dal presunto criminale, il divieto di amnistia, l’imprescrittibilità dei crimini. Infine, la terza parte del volume si occupa dell’internazionalizzazione degli strumenti di garanzia realizzata attraverso la creazione di giurisdizioni internazionali che, ancorché concorrenti o complementari rispetto alle istituzioni nazionali, sono competenti a giudicare gli individui in posizione di primazia (o comunque verticale) rispetto a queste ultime. Parte della indagine si è quindi concentrata sul carattere prevalente della giurisdizione dei tribunali internazionali penali ad hoc rispetto a quella delle corti nazionali nonché sull’esercizio della stessa giurisdizione penale internazionale in violazione della sovranità statale. Significativo è stato l’esame dello Statuto della Corte penale internazionale e principalmente delle disposizioni relative alla giurisdizione della Corte, ai meccanismi di attivazione, ai rapporti con le giurisdizioni nazionali, la cui analisi è risultata essenziale al fine di valutare le modalità della cooperazione in materia penale e la sua effettiva espansione. Completano il quadro degli strumenti di enforcement del diritto internazionale penale le più recenti giurisdizioni cd. «ibride» o «internazionalizzate», create sotto l’impulso delle Nazioni Unite per reprimere i crimini commessi in Est Timor, Kossovo, Sierra Leone, Cambogia e Libano e accomunate, oltre che dal ruolo decisivo dell’ONU nella loro istituzione, anche dalla natura «mista» – interna ed internazionale – della loro struttura e del diritto applicabile.
2008
9788849516852
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