Il contributo analizza il Protocollo addizionale alla Convenzione di Oviedo sulla biomedicina relativo ai test genetici a fini medici nell’ottica della prassi internazionale in materia di tutela della salute e di diritti umani. Il rapido diffondersi di test genetici predittivi nella pratica clinica e l’offerta di test genetici sul mercato sollevano esigenze di protezione di un fascio di diritti umani tra loro potenzialmente in conflitto. Ad esempio, il diritto a sapere o “a non sapere”, che esprime il massimo grado di autonomia dell’individuo, si scontra con i diritti dei membri della famiglia e del gruppo biologico di conoscere le informazioni genetiche rilevanti per la loro salute. In tale contesto, la “consulenza genetica” sembra garantire il bilanciamento tra il diritto alla tutela della salute del probando e altri diritti umani (informazione, consenso informato, ecc.). La tutela della salute e dei diritti umani previsti dal Protocollo sconta, peraltro, un sistema “debole” di protezione al livello internazionale, data la carenza di strumenti finalizzati a rendere effettivo il diritto alla tutela della salute e di rimedi giurisdizionali azionabili direttamente nei confronti della Convenzione di Oviedo. La creazione di standard di tutela dei diritti umani in ambito biomedico potrà giovarsi del ruolo della Corte europea dei diritti dell’uomo e del sistema integrato di protezione dei diritti umani in ambito europeo che sarà rafforzato a seguito dell’adesione dell’Unione europea alla CEDU. Nel frattempo, in assenza di discipline nazionali che regolano l’utilizzo dei test genetici predittivi e la consulenza genetica, il Protocollo costituisce indubbiamente uno strumento “minimo” di tutela dei diritti umani in ambito biomedico con riguardo alle nuove frontiere dei test genetici.
Genetica, tutela della salute e diritti umani: il Protocollo addizionale alla Convenzione di Oviedo relativo ai test genetici a fini medici
MARRANI, DANIELA
2012-01-01
Abstract
Il contributo analizza il Protocollo addizionale alla Convenzione di Oviedo sulla biomedicina relativo ai test genetici a fini medici nell’ottica della prassi internazionale in materia di tutela della salute e di diritti umani. Il rapido diffondersi di test genetici predittivi nella pratica clinica e l’offerta di test genetici sul mercato sollevano esigenze di protezione di un fascio di diritti umani tra loro potenzialmente in conflitto. Ad esempio, il diritto a sapere o “a non sapere”, che esprime il massimo grado di autonomia dell’individuo, si scontra con i diritti dei membri della famiglia e del gruppo biologico di conoscere le informazioni genetiche rilevanti per la loro salute. In tale contesto, la “consulenza genetica” sembra garantire il bilanciamento tra il diritto alla tutela della salute del probando e altri diritti umani (informazione, consenso informato, ecc.). La tutela della salute e dei diritti umani previsti dal Protocollo sconta, peraltro, un sistema “debole” di protezione al livello internazionale, data la carenza di strumenti finalizzati a rendere effettivo il diritto alla tutela della salute e di rimedi giurisdizionali azionabili direttamente nei confronti della Convenzione di Oviedo. La creazione di standard di tutela dei diritti umani in ambito biomedico potrà giovarsi del ruolo della Corte europea dei diritti dell’uomo e del sistema integrato di protezione dei diritti umani in ambito europeo che sarà rafforzato a seguito dell’adesione dell’Unione europea alla CEDU. Nel frattempo, in assenza di discipline nazionali che regolano l’utilizzo dei test genetici predittivi e la consulenza genetica, il Protocollo costituisce indubbiamente uno strumento “minimo” di tutela dei diritti umani in ambito biomedico con riguardo alle nuove frontiere dei test genetici.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.