Il volume ricostruisce un periodo peculiare della storia della città di Salerno e, in particolare, gli anni 1943-1944. L’indagine e la narrazione storica seguono l’itinerario classico del passaggio dal generale (nel nostro caso le caratteristiche salienti della storia del Mezzogiorno) al particolare (la storia di Salerno), pur senza mai tenerli fissi nella loro immobile rappresentazione, ma sempre sottoposti all’esercizio dello scambio di prospettiva e della previsione del ritorno dal particolare al generale. Il lavoro non è un mero prodotto di storia “locale” – che pure è genere che merita rispetto quando venga esercitato con serietà di intenti ermeneutici e di strumenti metodologici –, ma di analisi storica che utilizza l’esempio specifico della città di Salerno come caso particolare di un generale paradigma di studio del Mezzogiorno: luogo di una peculiare contraddizione tra produzione di beni e servizi e persistenza di aree di sfruttamento di forza lavoro a basso costo, tra forme di occupazione precaria e sottopagata e lenti, o addirittura inesistenti, processi di sviluppo e di crescita economica. Alla luce di questi paradigmi e di queste contingenze storico-empiriche, la storia di Salerno viene letta e interpretata attraverso l’utilizzazione di scandagli diversi, e pur tra loro connessi, che vanno dalla storia delle trasformazioni urbane e dall’incidenza che questa storia oggettivamente ha sulle trasformazioni sociali (Salerno è un caso paradigmatico di studio dei processi di urbanesimo nell’Italia meridionale); alla storia economica e alla peculiare fenomenologia che essa manifesta nella non sempre felice e riuscita miscela tra fattori esterni di stampo dirigistico (l’economia autarchica del fascismo) e permanenza di tradizioni produttive locali (l’industria tessile, la trasformazione del pomodoro, il settore lattiero caseario, etc.); alla storia politica, infine, e alla ricerca e definizione della classe dirigente, considerata e studiata nel suo formarsi come ceto elitario e che si caratterizza – fatte le poche dovute eccezioni – per quella trasformistica capacità di restare saldamente al proprio posto, pur nel mutare esteriore delle vicende politiche e dei cambi di regime.
La forma dell'acqua. 1. La lenta transizione dal fascismo a Salerno Capitale
D'ANGELO, Giuseppe
2012-01-01
Abstract
Il volume ricostruisce un periodo peculiare della storia della città di Salerno e, in particolare, gli anni 1943-1944. L’indagine e la narrazione storica seguono l’itinerario classico del passaggio dal generale (nel nostro caso le caratteristiche salienti della storia del Mezzogiorno) al particolare (la storia di Salerno), pur senza mai tenerli fissi nella loro immobile rappresentazione, ma sempre sottoposti all’esercizio dello scambio di prospettiva e della previsione del ritorno dal particolare al generale. Il lavoro non è un mero prodotto di storia “locale” – che pure è genere che merita rispetto quando venga esercitato con serietà di intenti ermeneutici e di strumenti metodologici –, ma di analisi storica che utilizza l’esempio specifico della città di Salerno come caso particolare di un generale paradigma di studio del Mezzogiorno: luogo di una peculiare contraddizione tra produzione di beni e servizi e persistenza di aree di sfruttamento di forza lavoro a basso costo, tra forme di occupazione precaria e sottopagata e lenti, o addirittura inesistenti, processi di sviluppo e di crescita economica. Alla luce di questi paradigmi e di queste contingenze storico-empiriche, la storia di Salerno viene letta e interpretata attraverso l’utilizzazione di scandagli diversi, e pur tra loro connessi, che vanno dalla storia delle trasformazioni urbane e dall’incidenza che questa storia oggettivamente ha sulle trasformazioni sociali (Salerno è un caso paradigmatico di studio dei processi di urbanesimo nell’Italia meridionale); alla storia economica e alla peculiare fenomenologia che essa manifesta nella non sempre felice e riuscita miscela tra fattori esterni di stampo dirigistico (l’economia autarchica del fascismo) e permanenza di tradizioni produttive locali (l’industria tessile, la trasformazione del pomodoro, il settore lattiero caseario, etc.); alla storia politica, infine, e alla ricerca e definizione della classe dirigente, considerata e studiata nel suo formarsi come ceto elitario e che si caratterizza – fatte le poche dovute eccezioni – per quella trasformistica capacità di restare saldamente al proprio posto, pur nel mutare esteriore delle vicende politiche e dei cambi di regime.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.