La personalità e il pensiero di Amadeo Bordiga sono così articolati e sfaccettati da poter essere paragonati ad un caleidoscopio (gioco apparentemente semplice ma capace di mutare continuamente di fronte allo sguardo), e solo uno occhio attento ad ogni particolare consente infatti di procedere all’analisi della complessità di uno dei fondatori del Partito Comunista d’Italia e di entrare nel grande fiume della storia che sgorga dagli archivi. In questa ricerca, dunque, si è proceduto lungo due binari paralleli: il movimento contadino e quello operaio, incontrando più volte imprevisti, ombre e asperità. Proprio la solitudine e il distacco in cui Bordiga volle vivere per lunghi anni dopo l’espulsione dal partito comunista ci aiuta a dare alla sua «isola» dei contorni netti – nonostante l’alone di silenzio che lo circondava negli ultimi anni – perché ciclicamente la sua figura irrompe con forza nella società e, guarda caso, proprio nei momenti di profonda crisi, quale quello in cui oggi ci dibattiamo. Dai dirigenti del partito, dopo la sua espulsione, gli fu negata ogni possibilità di scambio di idee, unica azione in grado di generare una sorta di osmosi del pensiero, specie nei giovani verso i quali Bordiga mostrò sempre una profonda attenzione. Amadeo Bordiga subì le maggiori calunnie; per decenni la propaganda stalinista e togliattiana ha sepolto sotto una montagna di menzogne il pensiero rivoluzionario di uno dei padri fondatori del comunismo italiano, cercando di cancellarlo dalla memoria collettiva. Il partito comunista, in particolare all’epoca della segreteria di Palmiro Togliatti, non perse mai occasione per sottolineare gli innumerevoli errori di Bordiga e non si sforzò mai di compiere un’analisi approfondita sulle sue riflessioni, arrivando anche a censurare gli articoli che sarebbero dovuti uscire su «L’Unità». Ma dove nasce tanta acrimonia nei confronti dell’ingegnere napoletano? Senza dubbio grande peso ebbe la sua radicata intransigenza rivoluzionaria marxista, al pari della sua personalità dominante all’interno del movimento operaio italiano. Il timore, in realtà, si sostanziava nel fatto che egli potesse rappresentare un pericolo per il nuovo gruppo dirigente del Pci, in un momento in cui, con la caduta del fascismo, si tentava di costruire un partito a immagine e somiglianza di quello di Mosca. Si è detto che fu Palmiro Togliatti a temere in modo particolare la figura di Amadeo Bordiga, dato tra l’altro confermato da un dirigente comunista napoletano che, all’arrivo a Napoli del segretario del partito il 27 maggio 1944, manifestò il timore di possibili influenze della corrente bordighista sul movimento operaio partenopeo e, in particolare, sul partito comunista napoletano.
QUESTION AGRAIRE ET MOUVEMENT OUVRIER EN ITALIE Amadeo Bordiga (1889-1970) et la fondation du parti communiste
DE ROSA, Ornella
2013-01-01
Abstract
La personalità e il pensiero di Amadeo Bordiga sono così articolati e sfaccettati da poter essere paragonati ad un caleidoscopio (gioco apparentemente semplice ma capace di mutare continuamente di fronte allo sguardo), e solo uno occhio attento ad ogni particolare consente infatti di procedere all’analisi della complessità di uno dei fondatori del Partito Comunista d’Italia e di entrare nel grande fiume della storia che sgorga dagli archivi. In questa ricerca, dunque, si è proceduto lungo due binari paralleli: il movimento contadino e quello operaio, incontrando più volte imprevisti, ombre e asperità. Proprio la solitudine e il distacco in cui Bordiga volle vivere per lunghi anni dopo l’espulsione dal partito comunista ci aiuta a dare alla sua «isola» dei contorni netti – nonostante l’alone di silenzio che lo circondava negli ultimi anni – perché ciclicamente la sua figura irrompe con forza nella società e, guarda caso, proprio nei momenti di profonda crisi, quale quello in cui oggi ci dibattiamo. Dai dirigenti del partito, dopo la sua espulsione, gli fu negata ogni possibilità di scambio di idee, unica azione in grado di generare una sorta di osmosi del pensiero, specie nei giovani verso i quali Bordiga mostrò sempre una profonda attenzione. Amadeo Bordiga subì le maggiori calunnie; per decenni la propaganda stalinista e togliattiana ha sepolto sotto una montagna di menzogne il pensiero rivoluzionario di uno dei padri fondatori del comunismo italiano, cercando di cancellarlo dalla memoria collettiva. Il partito comunista, in particolare all’epoca della segreteria di Palmiro Togliatti, non perse mai occasione per sottolineare gli innumerevoli errori di Bordiga e non si sforzò mai di compiere un’analisi approfondita sulle sue riflessioni, arrivando anche a censurare gli articoli che sarebbero dovuti uscire su «L’Unità». Ma dove nasce tanta acrimonia nei confronti dell’ingegnere napoletano? Senza dubbio grande peso ebbe la sua radicata intransigenza rivoluzionaria marxista, al pari della sua personalità dominante all’interno del movimento operaio italiano. Il timore, in realtà, si sostanziava nel fatto che egli potesse rappresentare un pericolo per il nuovo gruppo dirigente del Pci, in un momento in cui, con la caduta del fascismo, si tentava di costruire un partito a immagine e somiglianza di quello di Mosca. Si è detto che fu Palmiro Togliatti a temere in modo particolare la figura di Amadeo Bordiga, dato tra l’altro confermato da un dirigente comunista napoletano che, all’arrivo a Napoli del segretario del partito il 27 maggio 1944, manifestò il timore di possibili influenze della corrente bordighista sul movimento operaio partenopeo e, in particolare, sul partito comunista napoletano.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.