Indagare sul teatro napoletano ai tempi di Achille Lauro, armatore monarchico sindaco di Napoli dal 1952 alla fine del 1957, significa sondare i rapporti tra una autarchica forma di potere locale e lo svolgimento dell’arte performativa durante gli anni della ricostruzione. Tale livello di analisi è, però, il preambolo di uno sguardo d’insieme sull’attività teatrale napoletana degli anni Cinquanta che presenta una complessa eterogeneità nella quale convivono forme consunte dall’uso con espressioni di grande vitalità. Lo spettacolo cittadino è fortemente segnato dall’apertura del teatro San Ferdinando e dalla drammaturgia di Eduardo ma, al contempo, le forme della commedia dialettale, dell’avanspettacolo e della sceneggiata raccolgono le ultime forze per sopravvivere alla difficoltà del momento. In particolare, la popolazione attorica di riferimento, strutturalmente fondata su una propria autorialità interpretativa, mostra inalterato il suo vigore ed esibisce ancora tutta la forza di una grande scuola di tradizione fondata sull’esperienza empirica. Ne emerge un affresco contraddittorio nel quale, in un momento della storia culturale napoletana frequentemente definito di «stasi intellettuale», in ambito teatrale emergono squarci interessanti e difficili da inquadrare, indispensabili per comprendere le basi sulle quali si muovono le istanze della sperimentazione degli anni successivi.
Il padrone del vapore. Teatro a Napoli ai tempi di Achille Lauro
SAPIENZA, Annamaria
2015
Abstract
Indagare sul teatro napoletano ai tempi di Achille Lauro, armatore monarchico sindaco di Napoli dal 1952 alla fine del 1957, significa sondare i rapporti tra una autarchica forma di potere locale e lo svolgimento dell’arte performativa durante gli anni della ricostruzione. Tale livello di analisi è, però, il preambolo di uno sguardo d’insieme sull’attività teatrale napoletana degli anni Cinquanta che presenta una complessa eterogeneità nella quale convivono forme consunte dall’uso con espressioni di grande vitalità. Lo spettacolo cittadino è fortemente segnato dall’apertura del teatro San Ferdinando e dalla drammaturgia di Eduardo ma, al contempo, le forme della commedia dialettale, dell’avanspettacolo e della sceneggiata raccolgono le ultime forze per sopravvivere alla difficoltà del momento. In particolare, la popolazione attorica di riferimento, strutturalmente fondata su una propria autorialità interpretativa, mostra inalterato il suo vigore ed esibisce ancora tutta la forza di una grande scuola di tradizione fondata sull’esperienza empirica. Ne emerge un affresco contraddittorio nel quale, in un momento della storia culturale napoletana frequentemente definito di «stasi intellettuale», in ambito teatrale emergono squarci interessanti e difficili da inquadrare, indispensabili per comprendere le basi sulle quali si muovono le istanze della sperimentazione degli anni successivi.File | Dimensione | Formato | |
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