Il 2 settembre 2016, a poco più di un mese dall’emanazione del Regolamento recante disposizioni transitorie necessarie per la tenuta dei registri nell'archivio dello stato civile per le unioni civili, C.F. di Gallarate chiede al sindaco della sua città di stipulare l’unione civile col suo compagno. Il sindaco, Andrea Cassani, pur dichiarando di riconoscere i diritti degli omosessuali, rifiuta di applicare la legge 76/2016 che reputa inaccettabile per i suoi principi etici e la sua visione della vita. Invoca il diritto di obiezione di coscienza, fiducioso che anche gli altri componenti del Consiglio comunale seguiranno il suo esempio. Il caso si ripresenta dopo qualche settimana: il sindaco, sulla base delle proprie convinzioni etiche e religiose, nega la disponibilità della casa comunale per la costituzione dell’unione civile a due cittadini di Favria, e si dice contrario a delegare a un terzo la funzione di ufficiale di stato civile. Nella Costituzione non v’è traccia dell’espressione ‘obiezione di coscienza’ e nemmeno del termine coscienza tout court. Tuttavia la Consulta, nell’affrontare il tema, chiarisce che coscienza è la relazione intima e privilegiata dell’uomo con se stesso, che si invera nella sfera delle libertà fondamentali e dei diritti inviolabili della persona. La giuridificazione dell’obiezione di coscienza avviene per la prima volta nel nostro ordinamento con riguardo al servizio di leva: infatti è solo grazie all’ interpositio legislatoris che l’istituto de quo da mera posizione soggettiva si trasforma in diritto soggettivo perfetto, azionabile anche in via giurisdizionale. L’ordinamento ha riconosciuto altre forme di obiezione di coscienza: all’interruzione volontaria della gravidanza, come da l. 22 maggio 1978, n. 194, art. 9; alla sperimentazione animale, giusta la legge 12 ottobre 1993, n. 413 ed alla procreazione medicalmente assistita, ex art. 16, l. 19 febbraio 2004, n. 40. È comunque da rinvenire nel dettato costituzionale il fondamento dell’obiezione di coscienza: in particolare nell’art. 13 (l’inviolabilità della libertà personale integrando la dimensione psicofisica della mente e del corpo include quindi la libertà di coscienza); nell’art. 19 Cost. (il diritto alla libertà religiosa necessariamente ingloba il diritto alla libertà di coscienza); nell’art. 21, che tutela insieme – nella libera manifestazione del pensiero – anche la libera espressione delle proprie convinzioni religiose, etiche e filosofiche. Talché l’obiezione di coscienza viene quasi a configurarsi come la clausola di salvaguardia dei valori e dei diritti fondamentali della persona, senza incorrere nella lesione del principio di legalità. Ma la coscienza non può costituire l’habitat dell’opinabile: tuttavia, la definizione dei suoi limiti per via legislativa non sempre è agevole a causa del variegato aspetto di cui essa si connota nelle diverse situazioni. La Corte Costituzionale ribadisce che compete al Legislatore il bilanciamento tra l’obbligo generale imposto dalla legge e il diritto alla diversità che promana dallo stesso principio di uguaglianza, e ricorda che sono beni parimenti protetti in assoluto sia la libertà di coscienza e di espressione, sia l'adempimento della funzione giurisdizionale: e il dettato costituzionale obbliga il pubblico funzionario ad adempiere il proprio compito con disciplina ed onore Per il Tribunal Supremo, in relazione alle istanze presentate da funzionari dello Stato miranti ad esercitare il diritto all’obiezione di coscienza contro l’applicazione del novellato art. 44 del codice civile spagnolo che ha esteso il matrimonio alle coppie same sex, non è ammissibile un diritto generale all’obiezione di coscienza, che subordinerebbe l’efficacia della legge alla sua conformità all’intima coscienza del singolo; analogamente il Conseil constitutionnel ha precisato che il sindaco è un pubblico ufficiale che agisce per conto dello Stato ed assicura l’osservanza e l’applicazione delle leggi dello stato civile, talché lo stesso ‘principio della neutralità del pubblico servizio’ esclude la possibilità di astenersi dal compimento di un atto dovuto per legge. Ne deriva la radicale improponibilità dell’obiezione di coscienza da parte del sindaco o di altro pubblico ufficiale a fronte della costituzione di una unione civile: il Consiglio di Stato ha chiarito che una questione di coscienza assume rilievo giuridico quando è secundum legem, se trova spazio, cioè, in una norma. Nel caso della legge 76/2016 un emendamento in tal senso è stato peraltro respinto dall’assemblea parlamentare, che ha in tal modo espresso la sua contrarietà - assolutamente non superabile in sede di attuazione - all’introduzione dell’istituto dell’obiezione. Dunque gli adempimenti previsti dalla legge che ha regolamentato le unioni civili costituiscono dovere civico e sono a carico dell’ufficiale di stato civile - ossia di un pubblico ufficiale che può anche essere diverso dalla persona del sindaco, che potrà delegare agevolmente un altro funzionario, o persino un privato -: il mancato adempimento verrebbe a configurarsi come rifiuto od omissione di atti d’ufficio, perseguibile ai sensi dell’art. 328 c.p.

UNIONI CIVILI E OBIEZIONE DI COSCIENZA

PARISI, Annamaria Giulia
2016-01-01

Abstract

Il 2 settembre 2016, a poco più di un mese dall’emanazione del Regolamento recante disposizioni transitorie necessarie per la tenuta dei registri nell'archivio dello stato civile per le unioni civili, C.F. di Gallarate chiede al sindaco della sua città di stipulare l’unione civile col suo compagno. Il sindaco, Andrea Cassani, pur dichiarando di riconoscere i diritti degli omosessuali, rifiuta di applicare la legge 76/2016 che reputa inaccettabile per i suoi principi etici e la sua visione della vita. Invoca il diritto di obiezione di coscienza, fiducioso che anche gli altri componenti del Consiglio comunale seguiranno il suo esempio. Il caso si ripresenta dopo qualche settimana: il sindaco, sulla base delle proprie convinzioni etiche e religiose, nega la disponibilità della casa comunale per la costituzione dell’unione civile a due cittadini di Favria, e si dice contrario a delegare a un terzo la funzione di ufficiale di stato civile. Nella Costituzione non v’è traccia dell’espressione ‘obiezione di coscienza’ e nemmeno del termine coscienza tout court. Tuttavia la Consulta, nell’affrontare il tema, chiarisce che coscienza è la relazione intima e privilegiata dell’uomo con se stesso, che si invera nella sfera delle libertà fondamentali e dei diritti inviolabili della persona. La giuridificazione dell’obiezione di coscienza avviene per la prima volta nel nostro ordinamento con riguardo al servizio di leva: infatti è solo grazie all’ interpositio legislatoris che l’istituto de quo da mera posizione soggettiva si trasforma in diritto soggettivo perfetto, azionabile anche in via giurisdizionale. L’ordinamento ha riconosciuto altre forme di obiezione di coscienza: all’interruzione volontaria della gravidanza, come da l. 22 maggio 1978, n. 194, art. 9; alla sperimentazione animale, giusta la legge 12 ottobre 1993, n. 413 ed alla procreazione medicalmente assistita, ex art. 16, l. 19 febbraio 2004, n. 40. È comunque da rinvenire nel dettato costituzionale il fondamento dell’obiezione di coscienza: in particolare nell’art. 13 (l’inviolabilità della libertà personale integrando la dimensione psicofisica della mente e del corpo include quindi la libertà di coscienza); nell’art. 19 Cost. (il diritto alla libertà religiosa necessariamente ingloba il diritto alla libertà di coscienza); nell’art. 21, che tutela insieme – nella libera manifestazione del pensiero – anche la libera espressione delle proprie convinzioni religiose, etiche e filosofiche. Talché l’obiezione di coscienza viene quasi a configurarsi come la clausola di salvaguardia dei valori e dei diritti fondamentali della persona, senza incorrere nella lesione del principio di legalità. Ma la coscienza non può costituire l’habitat dell’opinabile: tuttavia, la definizione dei suoi limiti per via legislativa non sempre è agevole a causa del variegato aspetto di cui essa si connota nelle diverse situazioni. La Corte Costituzionale ribadisce che compete al Legislatore il bilanciamento tra l’obbligo generale imposto dalla legge e il diritto alla diversità che promana dallo stesso principio di uguaglianza, e ricorda che sono beni parimenti protetti in assoluto sia la libertà di coscienza e di espressione, sia l'adempimento della funzione giurisdizionale: e il dettato costituzionale obbliga il pubblico funzionario ad adempiere il proprio compito con disciplina ed onore Per il Tribunal Supremo, in relazione alle istanze presentate da funzionari dello Stato miranti ad esercitare il diritto all’obiezione di coscienza contro l’applicazione del novellato art. 44 del codice civile spagnolo che ha esteso il matrimonio alle coppie same sex, non è ammissibile un diritto generale all’obiezione di coscienza, che subordinerebbe l’efficacia della legge alla sua conformità all’intima coscienza del singolo; analogamente il Conseil constitutionnel ha precisato che il sindaco è un pubblico ufficiale che agisce per conto dello Stato ed assicura l’osservanza e l’applicazione delle leggi dello stato civile, talché lo stesso ‘principio della neutralità del pubblico servizio’ esclude la possibilità di astenersi dal compimento di un atto dovuto per legge. Ne deriva la radicale improponibilità dell’obiezione di coscienza da parte del sindaco o di altro pubblico ufficiale a fronte della costituzione di una unione civile: il Consiglio di Stato ha chiarito che una questione di coscienza assume rilievo giuridico quando è secundum legem, se trova spazio, cioè, in una norma. Nel caso della legge 76/2016 un emendamento in tal senso è stato peraltro respinto dall’assemblea parlamentare, che ha in tal modo espresso la sua contrarietà - assolutamente non superabile in sede di attuazione - all’introduzione dell’istituto dell’obiezione. Dunque gli adempimenti previsti dalla legge che ha regolamentato le unioni civili costituiscono dovere civico e sono a carico dell’ufficiale di stato civile - ossia di un pubblico ufficiale che può anche essere diverso dalla persona del sindaco, che potrà delegare agevolmente un altro funzionario, o persino un privato -: il mancato adempimento verrebbe a configurarsi come rifiuto od omissione di atti d’ufficio, perseguibile ai sensi dell’art. 328 c.p.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/4674736
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