Il presente saggio si focalizza sul dibattito dottrinale sorto intorno al ripristino della pena di morte nel periodo fascista, con particolare riferimento ad una delle poche voci coraggiosamente critiche dell’ambiente giuspenalistico coevo: quella di Paolo Rossi. Il giurista affronta i vari temi del revisionismo delle idee abolizioniste; delle ragioni storicamente affermative o negative del supplizio; dei profili più tecnicamente giuridici. Egli dimostra non solo il carattere anti-moderno della pena capitale, ma la sua intensificazione nelle fasi di maggiore debolezza dello Stato, che implica regressione culturale prima ancora che politica. La critica al regime fascista è sottesa a tutto il suo ragionamento. Se la morte non può avere carattere emendativo, la pena capitale troverebbe legittimazione, secondo i suoi sostenitori, in quanto «dissuasiva, esemplare, rassicurante». Dietro tale soluzione – che diremmo oggi “populista” – Rossi intravede tutta l’ipocrisia della strategia fascista, fondata sull’eliminazione fisica del dissidente.

UNA VOCE FUORI DAL CORO. PAOLO ROSSI NEL DIBATTITO SULLA PENA DI MORTE DURANTE IL FASCISMO

TRIFONE, Gian Paolo
2017-01-01

Abstract

Il presente saggio si focalizza sul dibattito dottrinale sorto intorno al ripristino della pena di morte nel periodo fascista, con particolare riferimento ad una delle poche voci coraggiosamente critiche dell’ambiente giuspenalistico coevo: quella di Paolo Rossi. Il giurista affronta i vari temi del revisionismo delle idee abolizioniste; delle ragioni storicamente affermative o negative del supplizio; dei profili più tecnicamente giuridici. Egli dimostra non solo il carattere anti-moderno della pena capitale, ma la sua intensificazione nelle fasi di maggiore debolezza dello Stato, che implica regressione culturale prima ancora che politica. La critica al regime fascista è sottesa a tutto il suo ragionamento. Se la morte non può avere carattere emendativo, la pena capitale troverebbe legittimazione, secondo i suoi sostenitori, in quanto «dissuasiva, esemplare, rassicurante». Dietro tale soluzione – che diremmo oggi “populista” – Rossi intravede tutta l’ipocrisia della strategia fascista, fondata sull’eliminazione fisica del dissidente.
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