La sentenza in commento affronta il problema dell’elemento psicologico nel delitto di maltrattamenti in famiglia. Va riconosciuto ai giudici di legittimità il merito di aver chiarito, ai fini dell’ascrizione della penale responsabilità del delitto di maltrattamenti in famiglia, che il dolo consiste, necessariamente, non nella deliberata programmazione unitaria delle condotte (come nel reato continuato), ma nella coscienza e volontà di porre in essere fatti di sopraffazione in modo abituale, e che, nel caso di specie, tale atteggiamento psicologico è desumibile dalla quotidianità delle offese arrecate alle vittime (reato abituale). Per la configurabilità della fattispecie di cui all’art. 572 c.p. è richiesta, di volta in volta, la sola coscienza e volontà delle singole condotte, accompagnate dalla consapevolezza che la nuova condotta si aggiunga alle precedenti, dando vita così ad un sistema di comportamenti offensivi. Le singole azioni diventano atti di maltrattamento perché l’agente consapevolmente reitera le diverse condotte ed assurgono, a delitto di maltrattamenti, perché non si limitano a dar vita ad una pluralità di vessazioni o di violenze, occasionali o discontinue, ma si traducono, in concreto, per la loro frequenza e continuità, in un sistema di maltrattamenti.

IL DOLO NEL DELITTO DI MALTRATTAMENTI IN FAMIGLIA (CONSIDERAZIONI IN LIMINE ALLA DECISIONE N. 6070/2017 DELLA SUPREMA CORTE).

TELESCA Mariangela
2017-01-01

Abstract

La sentenza in commento affronta il problema dell’elemento psicologico nel delitto di maltrattamenti in famiglia. Va riconosciuto ai giudici di legittimità il merito di aver chiarito, ai fini dell’ascrizione della penale responsabilità del delitto di maltrattamenti in famiglia, che il dolo consiste, necessariamente, non nella deliberata programmazione unitaria delle condotte (come nel reato continuato), ma nella coscienza e volontà di porre in essere fatti di sopraffazione in modo abituale, e che, nel caso di specie, tale atteggiamento psicologico è desumibile dalla quotidianità delle offese arrecate alle vittime (reato abituale). Per la configurabilità della fattispecie di cui all’art. 572 c.p. è richiesta, di volta in volta, la sola coscienza e volontà delle singole condotte, accompagnate dalla consapevolezza che la nuova condotta si aggiunga alle precedenti, dando vita così ad un sistema di comportamenti offensivi. Le singole azioni diventano atti di maltrattamento perché l’agente consapevolmente reitera le diverse condotte ed assurgono, a delitto di maltrattamenti, perché non si limitano a dar vita ad una pluralità di vessazioni o di violenze, occasionali o discontinue, ma si traducono, in concreto, per la loro frequenza e continuità, in un sistema di maltrattamenti.
2017
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