Intorno agli anni Trenta del Novecento cominciano a moltiplicarsi gli scritti autobiografici da parte di attori che hanno vissuto la stagione del teatro di varietà. Queste memorie costituiscono preziosi documenti per la ricostruzione di un’importante percorso dello spettacolo in un’ottica esperienziale, empirica, dalla parte dell’attore, che riporta la visione personale di una pratica scenica per sua natura sfuggente e inafferrabile. Il saggio prende in esame le autobiografie di Raffaele Viviani, Ettore Petrolini, Nicola Maldacea e Leopoldo Fregoli, protagonisti degli anni più fulgidi del varietà orientatisi poi verso nuove espressioni, secondo l’evoluzione del gusto dettato dai tempi e dall’inclinazione individuale. Si tratta di racconti che affiancano le vicende private a significativi dati di natura storica riguardanti i repertori, gli interpreti, gli impresari e gli spazi di rappresentazione legati al varietà sul territorio nazionale. Ma più di ogni altra cosa l’esercizio della scrittura autobiografica di questi artisti trasmette, e quindi storicizza, uno spaccato teatrale la cui sorte sembra dirigersi verso l’oblio. In tal senso, il tentativo di legittimare uno spettacolo a torto definito “minore” procede parallelamente alla volontà di risarcire la prassi operativa da una abituale sudditanza alla forma letteraria.

TRAMONTO E RIABILITAZIONE DI UN GENERE. AUTOBIOGRAFIE DI ATTORI DEL VARIETÀ

Annamaria Sapienza
2019-01-01

Abstract

Intorno agli anni Trenta del Novecento cominciano a moltiplicarsi gli scritti autobiografici da parte di attori che hanno vissuto la stagione del teatro di varietà. Queste memorie costituiscono preziosi documenti per la ricostruzione di un’importante percorso dello spettacolo in un’ottica esperienziale, empirica, dalla parte dell’attore, che riporta la visione personale di una pratica scenica per sua natura sfuggente e inafferrabile. Il saggio prende in esame le autobiografie di Raffaele Viviani, Ettore Petrolini, Nicola Maldacea e Leopoldo Fregoli, protagonisti degli anni più fulgidi del varietà orientatisi poi verso nuove espressioni, secondo l’evoluzione del gusto dettato dai tempi e dall’inclinazione individuale. Si tratta di racconti che affiancano le vicende private a significativi dati di natura storica riguardanti i repertori, gli interpreti, gli impresari e gli spazi di rappresentazione legati al varietà sul territorio nazionale. Ma più di ogni altra cosa l’esercizio della scrittura autobiografica di questi artisti trasmette, e quindi storicizza, uno spaccato teatrale la cui sorte sembra dirigersi verso l’oblio. In tal senso, il tentativo di legittimare uno spettacolo a torto definito “minore” procede parallelamente alla volontà di risarcire la prassi operativa da una abituale sudditanza alla forma letteraria.
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