La ricerca, che prende avvio dall’analisi del land grabbing, ha l’obiettivo di mettere in evidenza come, in epoca non coloniale, sussistano, alla scala globale, fenomeni in grado di favorire la creazione di uno spazio operativo di tipo transnazionale, caratterizzato da enclave che attraversano gli Stati e che sono delineate unicamente dalle esigenze del grande capitale multinazionale (Sassen, 2015). Più precisamente, il riferimento è alla tendenza che riguarda l’acquisizione di terra, e di conseguenza di risorse idriche per l’uso delle terre, attuata da Paesi sviluppati che intendono acquisire aree fertili localizzate in Paesi più deboli, al fine di far fronte ad esigenze connesse con l’approvvigionamento alimentare ed energetico. L’asimmetria contrattuale alla base di tali acquisizioni comporta che i Paesi poveri perdano ampie porzioni di terra, senza consenso da parte delle comunità locali, le quali, private delle risorse primarie, sono costrette ad intraprendere prima migrazioni interne e, nel lungo periodo, traversate extracontinentali. Tali fenomeni generano un grande paradosso in quanto sottraggono suoli coltivabili e risorse idriche nei Paesi del sud del mondo, minati da enormi problemi di sovranità alimentare, per soddisfare i fabbisogni alimentari ed energetici delle popolazioni più ricche (Dell’Angelo et al., 2018). Ne deriva che gli investimenti nell’agrobusiness danneggiano tanto i contadini del sud del mondo quanto quelli dei Paesi economicamente più sviluppati con l’immissione nel mercato mondiale di prodotti a basso costo; così come, al contempo, sono svantaggiati i paesi ospitanti che per attrarre investimenti deprezzano la loro terra per colture destinate all’export, accrescono la fame e la povertà interna che incidono sui processi migratori verso i Paesi investitori. Da un punto di vista metodologico, la ricerca, corredata da alcune cartografie tematiche, è basata sull’acquisizione e sull’analisi dei database Land Matrix, Osservatorio internazionale indipendente, impegnato nel monitoraggio degli investimenti in land grabbing, al fine di favorire la trasparenza riguardo all’uso delle terre fertili a scala globale. In particolare, si intende esaminare il fenomeno attraverso molteplici indicatori quali il numero di contratti conclusi tra il 2000 e il 2018, la quantità di terra oggetto di grabbing, le modalità attuative, la localizzazione geografica degli interventi, il coinvolgimento di Paesi investitori e di Paesi target, le destinazioni d’uso delle terre acquisite.
Spazi operativi transnazionali e land grabbing
Teresa Amodio
2019
Abstract
La ricerca, che prende avvio dall’analisi del land grabbing, ha l’obiettivo di mettere in evidenza come, in epoca non coloniale, sussistano, alla scala globale, fenomeni in grado di favorire la creazione di uno spazio operativo di tipo transnazionale, caratterizzato da enclave che attraversano gli Stati e che sono delineate unicamente dalle esigenze del grande capitale multinazionale (Sassen, 2015). Più precisamente, il riferimento è alla tendenza che riguarda l’acquisizione di terra, e di conseguenza di risorse idriche per l’uso delle terre, attuata da Paesi sviluppati che intendono acquisire aree fertili localizzate in Paesi più deboli, al fine di far fronte ad esigenze connesse con l’approvvigionamento alimentare ed energetico. L’asimmetria contrattuale alla base di tali acquisizioni comporta che i Paesi poveri perdano ampie porzioni di terra, senza consenso da parte delle comunità locali, le quali, private delle risorse primarie, sono costrette ad intraprendere prima migrazioni interne e, nel lungo periodo, traversate extracontinentali. Tali fenomeni generano un grande paradosso in quanto sottraggono suoli coltivabili e risorse idriche nei Paesi del sud del mondo, minati da enormi problemi di sovranità alimentare, per soddisfare i fabbisogni alimentari ed energetici delle popolazioni più ricche (Dell’Angelo et al., 2018). Ne deriva che gli investimenti nell’agrobusiness danneggiano tanto i contadini del sud del mondo quanto quelli dei Paesi economicamente più sviluppati con l’immissione nel mercato mondiale di prodotti a basso costo; così come, al contempo, sono svantaggiati i paesi ospitanti che per attrarre investimenti deprezzano la loro terra per colture destinate all’export, accrescono la fame e la povertà interna che incidono sui processi migratori verso i Paesi investitori. Da un punto di vista metodologico, la ricerca, corredata da alcune cartografie tematiche, è basata sull’acquisizione e sull’analisi dei database Land Matrix, Osservatorio internazionale indipendente, impegnato nel monitoraggio degli investimenti in land grabbing, al fine di favorire la trasparenza riguardo all’uso delle terre fertili a scala globale. In particolare, si intende esaminare il fenomeno attraverso molteplici indicatori quali il numero di contratti conclusi tra il 2000 e il 2018, la quantità di terra oggetto di grabbing, le modalità attuative, la localizzazione geografica degli interventi, il coinvolgimento di Paesi investitori e di Paesi target, le destinazioni d’uso delle terre acquisite.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.