Il volume indaga, con specifico riferimento al periodo compreso tra il I ed il VI sec. d.C., alcuni aspetti fondamentali del sistema di repressione criminale dell’antica Roma, quali la funzione della pena, ed in particolare lo scopo dell’emenda, i provvedimenti di amnistia e di clemenza, la certezza del diritto e della pena, le garanzie per l’imputato e l’applicazione della regola in dubio pro reo, l’evasione dalla custodia preventiva e dalla condanna. Ne emerge un quadro in cui i principi fondamentali, oggi ritenuti imprescindibili, di legalità e di garanzia erano conosciuti ed applicati solamente in maniera embrionale, in uno scenario complessivo nel quale, da un lato, una legislazione scarsamente conoscibile, oltre che frammentaria ed incompleta, rendeva incerto e mutevole il confine tra lecito ed illecito e, dall’altro, il controllo della giurisdizione da parte dell’imperatore era finalizzato ad assicurare l’efficacia della repressione piuttosto che a delimitare l’ampia discrezionalità di cui, di fatto, godevano i giudicanti. In tale contesto, i giuristi si impegnarono ad organizzare e riordinare una materia intrinsecamente magmatica, cercando di porre un freno ai frequenti arbìtri che si registravano nella prassi quotidiana dei tribunali dell’impero, spesso facendosi promotori dell’applicazione di criteri ermeneutici ispirati ad umanità e benevolenza.
Politiche e strumenti della repressione criminale in età imperiale
Francesco Fasolino
2020
Abstract
Il volume indaga, con specifico riferimento al periodo compreso tra il I ed il VI sec. d.C., alcuni aspetti fondamentali del sistema di repressione criminale dell’antica Roma, quali la funzione della pena, ed in particolare lo scopo dell’emenda, i provvedimenti di amnistia e di clemenza, la certezza del diritto e della pena, le garanzie per l’imputato e l’applicazione della regola in dubio pro reo, l’evasione dalla custodia preventiva e dalla condanna. Ne emerge un quadro in cui i principi fondamentali, oggi ritenuti imprescindibili, di legalità e di garanzia erano conosciuti ed applicati solamente in maniera embrionale, in uno scenario complessivo nel quale, da un lato, una legislazione scarsamente conoscibile, oltre che frammentaria ed incompleta, rendeva incerto e mutevole il confine tra lecito ed illecito e, dall’altro, il controllo della giurisdizione da parte dell’imperatore era finalizzato ad assicurare l’efficacia della repressione piuttosto che a delimitare l’ampia discrezionalità di cui, di fatto, godevano i giudicanti. In tale contesto, i giuristi si impegnarono ad organizzare e riordinare una materia intrinsecamente magmatica, cercando di porre un freno ai frequenti arbìtri che si registravano nella prassi quotidiana dei tribunali dell’impero, spesso facendosi promotori dell’applicazione di criteri ermeneutici ispirati ad umanità e benevolenza.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.