The close link between agriculture, environment, territory - that the Common Agricultural Policy (CAP) has sealed in the institute of multifunctional enterprise and gradually strengthened through measures and incentives based on greening - is renewed in the practices of urban agriculture. The city is a “place of interaction” and “collective space that belongs to all inhabitants, who have the right to find the necessary conditions to satisfy their aspirations from a political, social and environmental point of view, while taking their duties. of solidarity” (see Article 1 of the European Charter on Human Rights in Cities, signed in Saint Denis on 18 May 2000). Specific consideration is given to open spaces (empty lots, located in the fringe areas or intercluses in the consolidated city, marginal and degraded areas that form so-called "portions of the" third landscape "that creep into the urban fabric"). These spaces, in the perspective of "re-use" or, more appropriately, of urban "regeneration", are increasingly being transformed into community gardens or gardens thanks to the growing activism of individuals / citizens (Article 118, paragraph 4, cost.). Urban agriculture is dynamic, it completely fulfills the idea of «environmental conservation». Natural assets must be conserved and used through «environmental management»: the rational «exploitation» of the land becomes «good governance», especially in view of the decree (approved on 12 May 2016) concerning the containment of land consumption as common good and non-renewable resource, as well as the reuse of the built up areas. The positive repercussions for the community are, first of all, appreciable in terms of biodiversity; regulation and improvement of the urban microclimate; reduction of CO2 emissions etc. In the background the theme of the «commons»: on the one hand the inversion of the subject/thing relation in the environmental sciences, on the other, contextually, within the juridical sciences, the inversion of the single/group relation and the primacy of the collective dimension.

Lo stretto legame tra agricoltura, ambiente, territorio – che la Politica agricola comune (Pac) ha suggellato nell’istituto della impresa multifunzionale e via via rinsaldato attraverso misure ed incentivi improntati al greening - si rinnova nelle pratiche di agricoltura urbana. La città è «luogo di interazione» e «spazio collettivo che appartiene a tutti gli abitanti, i quali hanno il diritto di trovarvi le condizioni necessarie per appagare le proprie aspirazioni dal punto di vista politico, sociale ed ambientale, assumendo nel contempo i loro doveri di solidarietà» (v. art. 1 della Carta europea dei Diritti dell’Uomo nelle Città, firmata a Saint Denis il 18 maggio 2000). Specifica considerazione assumono al riguardo gli spazi aperti (lotti vuoti, situati nelle aree di frangia o interclusi nella città consolidata, aree marginali e degradate che formano c.d. «porzioni di “terzo paesaggio” che si insinuano nel tessuto urbano») i quali, lungo la direttrice del “riuso” o, più propriamente della “rigenerazione” urbana, vengono sempre più frequentemente trasformati in orti o giardini comunitari in virtù del vivace e crescente attivismo “dal basso” dei privati/cittadini (art. 118, comma 4, cost.). L’agricoltura urbana rende compiutamente l’idea della «conservazione ambientale» - la quale assume un carattere dinamico, nel senso che i beni per essere conservati devono essere gestiti, e si collega all’interesse che tutti hanno al godimento del bene, ovvero alla «gestione ambientale»: nella logica della “depatrimonializzazione”, il razionale “sfruttamento” del suolo diventa “buon governo”, anche sotto il profilo - oggetto del d.d.l. (approvato alla Camera il 12 maggio 2016) - del contenimento del consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile e riuso del suolo edificato. Le ricadute positive per la collettività sono, in primo luogo, apprezzabili in termini di biodiversità; regolazione e miglioramento del microclima urbano; riduzione delle emissioni di CO2 ecc. Sullo sfondo si colloca il tema dei commons: alla inversione della dicotomia soggetto/cosa che emerge nelle scienze ambientali fa riscontro, nell’ambito delle scienze giuridiche, l’inversione della polarità singolo/gruppo e la primazia della dimensione collettiva.

Città e ambiente: considerazioni sull’agroecologia nella rigenerazione degli spazi urbani

MARIASSUNTA IMBRENDA
2020-01-01

Abstract

The close link between agriculture, environment, territory - that the Common Agricultural Policy (CAP) has sealed in the institute of multifunctional enterprise and gradually strengthened through measures and incentives based on greening - is renewed in the practices of urban agriculture. The city is a “place of interaction” and “collective space that belongs to all inhabitants, who have the right to find the necessary conditions to satisfy their aspirations from a political, social and environmental point of view, while taking their duties. of solidarity” (see Article 1 of the European Charter on Human Rights in Cities, signed in Saint Denis on 18 May 2000). Specific consideration is given to open spaces (empty lots, located in the fringe areas or intercluses in the consolidated city, marginal and degraded areas that form so-called "portions of the" third landscape "that creep into the urban fabric"). These spaces, in the perspective of "re-use" or, more appropriately, of urban "regeneration", are increasingly being transformed into community gardens or gardens thanks to the growing activism of individuals / citizens (Article 118, paragraph 4, cost.). Urban agriculture is dynamic, it completely fulfills the idea of «environmental conservation». Natural assets must be conserved and used through «environmental management»: the rational «exploitation» of the land becomes «good governance», especially in view of the decree (approved on 12 May 2016) concerning the containment of land consumption as common good and non-renewable resource, as well as the reuse of the built up areas. The positive repercussions for the community are, first of all, appreciable in terms of biodiversity; regulation and improvement of the urban microclimate; reduction of CO2 emissions etc. In the background the theme of the «commons»: on the one hand the inversion of the subject/thing relation in the environmental sciences, on the other, contextually, within the juridical sciences, the inversion of the single/group relation and the primacy of the collective dimension.
2020
Lo stretto legame tra agricoltura, ambiente, territorio – che la Politica agricola comune (Pac) ha suggellato nell’istituto della impresa multifunzionale e via via rinsaldato attraverso misure ed incentivi improntati al greening - si rinnova nelle pratiche di agricoltura urbana. La città è «luogo di interazione» e «spazio collettivo che appartiene a tutti gli abitanti, i quali hanno il diritto di trovarvi le condizioni necessarie per appagare le proprie aspirazioni dal punto di vista politico, sociale ed ambientale, assumendo nel contempo i loro doveri di solidarietà» (v. art. 1 della Carta europea dei Diritti dell’Uomo nelle Città, firmata a Saint Denis il 18 maggio 2000). Specifica considerazione assumono al riguardo gli spazi aperti (lotti vuoti, situati nelle aree di frangia o interclusi nella città consolidata, aree marginali e degradate che formano c.d. «porzioni di “terzo paesaggio” che si insinuano nel tessuto urbano») i quali, lungo la direttrice del “riuso” o, più propriamente della “rigenerazione” urbana, vengono sempre più frequentemente trasformati in orti o giardini comunitari in virtù del vivace e crescente attivismo “dal basso” dei privati/cittadini (art. 118, comma 4, cost.). L’agricoltura urbana rende compiutamente l’idea della «conservazione ambientale» - la quale assume un carattere dinamico, nel senso che i beni per essere conservati devono essere gestiti, e si collega all’interesse che tutti hanno al godimento del bene, ovvero alla «gestione ambientale»: nella logica della “depatrimonializzazione”, il razionale “sfruttamento” del suolo diventa “buon governo”, anche sotto il profilo - oggetto del d.d.l. (approvato alla Camera il 12 maggio 2016) - del contenimento del consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile e riuso del suolo edificato. Le ricadute positive per la collettività sono, in primo luogo, apprezzabili in termini di biodiversità; regolazione e miglioramento del microclima urbano; riduzione delle emissioni di CO2 ecc. Sullo sfondo si colloca il tema dei commons: alla inversione della dicotomia soggetto/cosa che emerge nelle scienze ambientali fa riscontro, nell’ambito delle scienze giuridiche, l’inversione della polarità singolo/gruppo e la primazia della dimensione collettiva.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/4754022
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