Il volume, nella sezione dedicata al primo Novecento (pp. 209-268) di cui è autrice Aurora Egidio, delinea il panorama teatrale di un periodo storico particolarmente fecondo, in cui si gettano le fondamenta del teatro contemporaneo, attraverso la sperimentazione, gli azzardi, ma anche i tentativi falliti di movimenti e personalità che si rendono protagonisti di un’autentica rivoluzione estetica. Particolare attenzione è dedicata all’insorgere delle avanguardie storiche, il futurismo, l’espressionismo, il dadaismo e il surrealismo, che rivelano un modo nuovo, inconsueto, di rapportarsi all’arte, costituendo un momento di frattura rispetto al passato. Di esse si raccontano le linee programmatiche, espresse quasi sempre in “manifesti”, tramite i quali si comunica la posizione estetica ed eventualmente ideologica, delineando le teorie di fondo e le linee guida operative. Sullo sfondo di questi movimenti, in sinergia con essi o in assoluta autonomia, si stagliano le azioni di singole personalità, che arrivano a dominare la scena imponendo una loro visione dell’arte, sia attraverso la riflessione teorica, sia mediante la pratica registica. Appartiene infatti a questo periodo, se non la fondazione della regia, questione ancora aperta, di certo il suo consolidamento, una raggiunta consapevolezza del ruolo e dell’assoluta necessità di una figura creativa che garantisca l’unità dell’opera teatrale. Le proposte sono molteplici, naturalmente, ma anche in questo caso è possibile individuare un punto di incrocio, una sorta di cruccio condiviso: la necessità di individuare il linguaggio specifico e peculiare dell’arte teatrale. Le risposte non possono che investire gli statuti del teatro, il testo, lo spazio, l’attore, scuotendoli dalle fondamenta. Ma l’elemento che più di ogni altro è oggetto di discussione, contestazione, rimozione e rivalutazione è l’attore. Ricondotto faticosamente a un ruolo comprimario già sul finire dell’Ottocento, l’attore vive nel primo Novecento la sua stagione più controversa, oscillando fra l’estromissione dalla scena per cedere il posto a marionette, manichini, proiezioni luminose o architetture semoventi, e la possibilità di essere protagonista della rivoluzione, oggetto di cure pedagogiche, cardine della riconquista dell’autonomia espressiva. Nella progettazione dell’evento spettacolare entra infine un nuovo aspetto da gestire, l’innovazione tecnologica, che apre ulteriori possibilità espressive. La luce elettrica, il palco girevole, il tapis roulant però non sono semplici traguardi del progresso esibiti a teatro. Nelle mani del regista assumono una funzione creativa, diventando parte del linguaggio di rifondazione che caratterizza un momento storico fecondo e irripetibile.
Storia del teatro. Scena e spettacolo in Occidente
Aurora Egidio
2020
Abstract
Il volume, nella sezione dedicata al primo Novecento (pp. 209-268) di cui è autrice Aurora Egidio, delinea il panorama teatrale di un periodo storico particolarmente fecondo, in cui si gettano le fondamenta del teatro contemporaneo, attraverso la sperimentazione, gli azzardi, ma anche i tentativi falliti di movimenti e personalità che si rendono protagonisti di un’autentica rivoluzione estetica. Particolare attenzione è dedicata all’insorgere delle avanguardie storiche, il futurismo, l’espressionismo, il dadaismo e il surrealismo, che rivelano un modo nuovo, inconsueto, di rapportarsi all’arte, costituendo un momento di frattura rispetto al passato. Di esse si raccontano le linee programmatiche, espresse quasi sempre in “manifesti”, tramite i quali si comunica la posizione estetica ed eventualmente ideologica, delineando le teorie di fondo e le linee guida operative. Sullo sfondo di questi movimenti, in sinergia con essi o in assoluta autonomia, si stagliano le azioni di singole personalità, che arrivano a dominare la scena imponendo una loro visione dell’arte, sia attraverso la riflessione teorica, sia mediante la pratica registica. Appartiene infatti a questo periodo, se non la fondazione della regia, questione ancora aperta, di certo il suo consolidamento, una raggiunta consapevolezza del ruolo e dell’assoluta necessità di una figura creativa che garantisca l’unità dell’opera teatrale. Le proposte sono molteplici, naturalmente, ma anche in questo caso è possibile individuare un punto di incrocio, una sorta di cruccio condiviso: la necessità di individuare il linguaggio specifico e peculiare dell’arte teatrale. Le risposte non possono che investire gli statuti del teatro, il testo, lo spazio, l’attore, scuotendoli dalle fondamenta. Ma l’elemento che più di ogni altro è oggetto di discussione, contestazione, rimozione e rivalutazione è l’attore. Ricondotto faticosamente a un ruolo comprimario già sul finire dell’Ottocento, l’attore vive nel primo Novecento la sua stagione più controversa, oscillando fra l’estromissione dalla scena per cedere il posto a marionette, manichini, proiezioni luminose o architetture semoventi, e la possibilità di essere protagonista della rivoluzione, oggetto di cure pedagogiche, cardine della riconquista dell’autonomia espressiva. Nella progettazione dell’evento spettacolare entra infine un nuovo aspetto da gestire, l’innovazione tecnologica, che apre ulteriori possibilità espressive. La luce elettrica, il palco girevole, il tapis roulant però non sono semplici traguardi del progresso esibiti a teatro. Nelle mani del regista assumono una funzione creativa, diventando parte del linguaggio di rifondazione che caratterizza un momento storico fecondo e irripetibile.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.