L’articolo ricostruisce le posizioni giurisprudenziali sulla mobilità professionale dei dipendenti pubblici, con l’intento di sottoporre ad una lettura critica le sentenze pronunciate sul tema. Nella prima parte si ricostruisce il tema dell’equivalenza delle mansioni nell’esercizio dello ius variandi: la giurisprudenza ritiene che nel settore pubblico il compito di stabilire se sussista equivalenza tra due mansioni sia affidato, per scelta del legislatore, all’autonomia collettiva, con conseguente marginalizzazione del ruolo del giudice. Nell’articolo si osserva che questa scelta non si desume in modo chiaro ed univoco dal testo normativo (art. 52 del d.lgs. 165/01), evidenziando altresì che la stessa contrattazione collettiva, nelle clausole che regolano gli inquadramenti professionali, non contiene parametri certi nella definizione dell’equivalenza professionale. La seconda parte del contributo riguarda le progressioni in carriera: con riferimento a questa tematica si analizzano le posizioni giurisprudenziali con riferimento ai meccanismi di progressione in carriera, verticali e orizzontali: le prime sono qualificate in senso pubblicistico, le seconde sono considerate di natura privatistica. Nell’articolo si osserva che tale suddivisione spesso non è coerente con gli strumenti di selezione utilizzati nei due ambiti e che costituisce una palese forzatura, anche sul piano sistematico, equiparare le progressioni verticali alle assunzioni. L’origine di questo accostamento deriva dalla scelta di origine della “contrattualizzazione” del lavoro pubblico, che ha voluto mantenere in alveo pubblicistico il reclutamento, scelta che è fonte di molteplici discrasie, che si sarebbero potute superare concependo unitariamente tutte le fasi attinenti alla gestione del contratto di lavoro, da quella che precede la costituzione del rapporto di lavoro fino alla sua estinzione.
Mansioni, jus variandi e progressioni in carriera nel la- voro pubblico: le ambiguità del legislatore e le certezze della giurisprudenza
vincenzo luciani
2020
Abstract
L’articolo ricostruisce le posizioni giurisprudenziali sulla mobilità professionale dei dipendenti pubblici, con l’intento di sottoporre ad una lettura critica le sentenze pronunciate sul tema. Nella prima parte si ricostruisce il tema dell’equivalenza delle mansioni nell’esercizio dello ius variandi: la giurisprudenza ritiene che nel settore pubblico il compito di stabilire se sussista equivalenza tra due mansioni sia affidato, per scelta del legislatore, all’autonomia collettiva, con conseguente marginalizzazione del ruolo del giudice. Nell’articolo si osserva che questa scelta non si desume in modo chiaro ed univoco dal testo normativo (art. 52 del d.lgs. 165/01), evidenziando altresì che la stessa contrattazione collettiva, nelle clausole che regolano gli inquadramenti professionali, non contiene parametri certi nella definizione dell’equivalenza professionale. La seconda parte del contributo riguarda le progressioni in carriera: con riferimento a questa tematica si analizzano le posizioni giurisprudenziali con riferimento ai meccanismi di progressione in carriera, verticali e orizzontali: le prime sono qualificate in senso pubblicistico, le seconde sono considerate di natura privatistica. Nell’articolo si osserva che tale suddivisione spesso non è coerente con gli strumenti di selezione utilizzati nei due ambiti e che costituisce una palese forzatura, anche sul piano sistematico, equiparare le progressioni verticali alle assunzioni. L’origine di questo accostamento deriva dalla scelta di origine della “contrattualizzazione” del lavoro pubblico, che ha voluto mantenere in alveo pubblicistico il reclutamento, scelta che è fonte di molteplici discrasie, che si sarebbero potute superare concependo unitariamente tutte le fasi attinenti alla gestione del contratto di lavoro, da quella che precede la costituzione del rapporto di lavoro fino alla sua estinzione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.