L’occasione della redazione del PUC del Comune di Sapri ha permesso di restituire un lavoro di ricerca sugli adolescenti del Golfo di Policastro condotto negli scorsi tre anni, che si ritiene di enorme importanza dal punto di vista sociologico e per comprendere le dinamiche dei mutamenti sul e del territorio. Di seguito si riportano alcune parti di questa ricerca, che potranno essere d’interesse per la costruzione di un valido PUC per la città di Sapri. Questo lavoro di ricerca nasce nel 2012, all’indomani dell’accordo di collaborazione per la costituzione di un Osservatorio per le Politiche Sociali e la Qualità della Vita stipulato tra il Sindaco di Sapri, Giuseppe Del Medico e il Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche (DSPSC), Sociali e della Comunicazione dell’Università di Salerno, Annibale Elia. L’Osservatorio, nato grazie alla volontà di Paolo Diana del RisaLab, DSPSC, di Giovannipaolo Ferrari della Dalian University of Foreign Languages, RisaLab, DSPSC dell’Università di Salerno e Università Paul Valéry Montpellier III e del Vicesindaco e Assessore alla Sanità e alle Politiche Sociali del Comune di Sapri, Marco Martorano; fin dalla sua costituzione ha perseguito l’obiettivo di porre l’attenzione dell’azione congiunta delle istituzioni sull’edificazione e implementazione di nuove politiche pubbliche per il territorio e allo stesso tempo monitorare le condizioni sociali della popolazione attraverso un controllo costante d’indici e tendenze esplicativi, relativi alla qualità della vita. A tal proposito, concordemente, le parti hanno deciso di avviare un percorso di ricerca sulle adolescenze dal titolo: Adolescenti nel Golfo di Policastro: aspettative, bisogni e orientamenti valoriali. Si è partiti dalla convinzione che costruire significati e creare nessi costituisca una bussola necessaria all’interno della “liquidità” in cui ci “muoviamo” e in cui “danzano” le culture giovanili. L’ipotesi da cui muove l’intervento è la convinzione che creare occasioni di condivisione e costruzione di significati costituisca un fattore protettivo nel processo identitario individuale e sociale. Costruire il proprio tempo, all’interno di relazioni coinvolgenti significative, costituisce uno dei compiti dell’adolescenza. Gli adolescenti si muovono lungo un confine indefinito, tra possibile e impossibile, tra il non più e il non ancora, in una condizione di liminarità. Le ultime generazioni di adolescenti presentano delle specificità di struttura identitaria in qualche modo riferibili a ciò che gli studiosi identificano con termini come “patchwork”, “post-moderna” o “liquida” (Baumann 2008); facendo riferimento agli effetti che le modificazioni socio-culturali producono sul soggetto. Il venir meno di certezze consolidate, se da una parte ha determinato un accrescimento del senso di precarietà dell’individuo, dall’altro ha trasformato il campo delle sue appartenenze, non più caratterizzato dall’esclusività, ma dalla pluralità e fluidità. L’“Io”, per essere tale, deve essere paradossalmente molteplice, cangiante e mobile. La conseguente frammentazione o fluidificazione dell’identità, lungi dall’essere interpretabile come mera patologia, rappresenta una conditio sine qua non per l’adattamento alle mutate esigenze sociali. Accanto, a rendere complicato il già complesso compito della formazione dell’identità vi è la tendenza a patologizzare gli elementi di cambiamento delle nuove soggettività. All’interno della società “liquido-moderna, le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. Il carattere liquido della vita e quello della società si alimentano e si rafforzano a vicenda. La vita liquida, come la società liquido-moderna, non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo. In una società liquido-moderna gli individui non possono concretizzare i propri risultati in beni duraturi: in un attimo, infatti, le attività si traducono in passività e le capacità in incapacità. Le condizioni in cui si opera e le strategie formulate in risposta a tali condizioni invecchiano rapidamente e diventano obsolete prima che gli attori abbiano avuto una qualche possibilità di apprenderle correttamente. È incauto dunque trarre lezioni dall'esperienza e fare affidamento sulle strategie e tattiche utilizzate con successo in passato: anche se qualcosa ha funzionato, le circostanze cambiano in fretta e in modo imprevisto (e, forse, imprevedibile). Provare a capire come andrà in futuro sulla base di esperienze pregresse diventa sempre più azzardato e sin troppo fuorviante. Fare ipotesi attendibili diventa via via più difficile, e le previsioni infallibili sono fuori dal mondo: le variabili dell'equazione sono tutte, o quasi, incognite e non esistono stime delle loro tendenze future che si possano considerare completamente e realmente affidabili. La vita liquida è, insomma, una vita precaria, vissuta in condizioni di continua incertezza” (Baumann 2005). Il processo di globalizzazione ha determinato il tramonto dei tradizionali meccanismi di protezione sociale e di redistribuzione, senza definire le modalità con cui costruire nuovi modelli e nuovi diritti di cittadinanza. La globalizzazione sta cambiando profondamente le nostre vite costringendoci ad adottare traiettorie nuove, strane, certamente diverse per tracciare i nostri percorsi di vita, per costruire le nostre identità. Sono identità che dobbiamo imparare ad inventare quotidianamente, anche più volte tra l’alba e il tramonto di uno stesso giorno. L’identità non è più una, riconoscibile, indivisibile, solida. Adesso è un puzzle e i suoi pezzi sono tenuti insieme con grande fatica: convivono forzatamente, si sostituiscono e si scambiano, si succedono in una corsa senza fine. La faticosa ricerca dell’identità da parte dell’individuo postmoderno è illustrata attraverso le metafore e le definizioni utilizzate da Baumann. Esse spiegano come, chi oggi cerchi un’identità, si trovi inevitabilmente ad affrontare percorsi che, nella maggioranza dei casi, non riuscirà a completare se non in un orizzonte di tempo infinito. L’individuo ha l’arduo compito di far quadrare il cerchio, tra innumerevoli scelte da fare e poi da rivedere, nella conciliazione di esigenze contraddittorie e incompatibili, sempre in movimento e con l’inevitabile sensazione di sentirsi “fuori posto” in qualsiasi luogo. È un individuo che prova a galleggiare verso una deriva sconosciuta, che non sa neanche se sarà provvisoria o permanente. Per lui, sarà inaccessibile qualsiasi luogo, qualsiasi identità che siano definibili come “finali”, come un tuffo quotidiano in mare aperto senza giubbotto-salvagente. A caratterizzare ulteriormente la sensazione di trovarsi “in mare aperto”, la vita si svolge all’interno di “nonluoghi”. “Se un luogo può definirsi come identitario, relazionale, storico, uno spazio che non può definirsi né identitario, né relazionale, né storico, definirà un nonluogo. Il nonluogo è il contrario di una dimora, di una residenza, di un luogo nel senso comune del termine. E al suo anonimato, paradossalmente, si accede solo fornendo una prova della propria identità: passaporto, carta di credito, ecc…” (Augé 1992). È proprio su questi aspetti che Baumann fa intravedere un ruolo importante del settore pubblico: la creazione di spazi collettivi per vincere la paura del diverso, luoghi che riconoscono il valore della diversità dal punto di vista della creatività e dell’arricchimento di vita, incoraggiando le differenze a impegnarsi in un dialogo dotato di significato. Gli spazi pubblici, i nonluoghi, fungono così da catalizzatori dell’integrazione sociale, capaci di valorizzare la connessione e soprattutto la comunicazione. “Il luogo e il nonluogo sono piuttosto delle polarità sfuggenti: il primo non è mai completamente cancellato e il secondo non si compie mai totalmente – palinsesto in cui si reinscrive incessantemente il gioco misto dell’identità e della relazione, tuttavia i nonluoghi rappresentano l’epoca, ne danno una misura quantificabile. (...) Ai fini di una comunicazione così peculiare che spesso mette l’individuo in contatto con un’altra immagine di se stesso. La distinzione tra luogo e non luogo passa attraverso l’opposizione del luogo con lo spazio. Nella realtà concreta del mondo di oggi, i luoghi e gli spazi, i luoghi e i nonluoghi si incastrano, si compenetrano reciprocamente. La possibilità del nonluogo non è mai assente da un qualsiasi luogo; il ritorno al luogo è il rimedio cui ricorre il frequentatore di nonluoghi (che sogna, per esempio, una seconda casa radicata nel più profondo del territorio). Luoghi e nonluoghi si oppongono (o si evocano) come i termini e le nozioni che permettono di descriverli” (Augé 1992). Bauman ha paragonato il concetto di modernità e post-modernità rispettivamente allo stato “solido” e “liquido” della società. Nella modernità la morale è la regolazione coercitiva dell'agire sociale attraverso la proposta di valori o leggi universali a cui nessun uomo ragionevole (la razionalità è caratteristica della modernità) può sottrarsi. Non si può, invece, parlare di un'unica morale post-moderna, perché la fine delle “grandi narrazioni” del Novecento ha reso impossibile la pretesa di verità assolute, così ci troviamo in uno scenario abitato da tante morali coesistenti. Da qui deriva la metafora della “liquidità”, contrapposta all'organizzazione sociale che si costituisce attraverso principi di valore saldi e solidi. L'uomo post-moderno è orfano di una morale, di un contenitore collettivo e di un codice di comportamento sociale assoluto e unico. L'incertezza è l'aspetto che lo caratterizza. La descrizione di soggetto che Baumann propone aderisce esattamente alla condizione degli adolescenti. Questi ultimi rapresentano il campione sociologico più indicativo del processo di trasformazione in atto. La condizione adolescenziale per le sue caratteristiche intrinseche di vitalità e precarietà, segnala con intensità particolarmente evidente l'impatto che le trasformazioni socio-culturali producono sui soggetti e l'adolescenza diviene in questo scenario la popolazione target per indagare gli sviluppi sociali futuri nella sua totalità: una sorta d’indicatore di “disagio della modernità”. La crisi riguardo alla certezza e solidità degli organizzatori sociali e identitari sembra che vada a definire la condizione adolescenziale. Plebani (ma anche Galimberti) vede il problema della costruzione dell'identità giovanile come strettamente correlato al momento storico-culturale in cui è preso in considerazione. Nell'epoca post-moderna, in cui entrano in crisi i fondamenti di verità tradizionali, in cui la realtà assume un’insopportabile carattere di contingenza, mentre nel contempo viene offerta un’eccedenza di opportunità, emergono forme inedite di individuazione e identificazione, con un grande cambiamento nella sfera dell'etica. Finzi e Battistin vedono appunto nell’“incertezza” il termine che meglio definisce questo periodo di vita: incerto il modo di agire degli adolescenti, incerti i ruoli genitoriali, incerti i valori di riferimento, incerti i confini temporali dell'adolescenza, incerta anche la chiave di lettura psicologica del possibile. L'incertezza genera nell'adolescente una condizione di “aleatorietà”, di “sospensione”. Una condizione mentale che si ripercuote sul vivere dell'adolescente, che spesso si trasforma in un “nulla quotidiano”, ben più invadente e invasivo rispetto alla semplice incertezza. In questa fase l'adolescente si riempie di “un vuoto di senso”, quel vuoto di senso che non appare all'esterno, ma che abita all'interno, quel “nulla” che abita tutto, ma non appare, perciò stesso “invisibile” (Diamanti 1999).

Relazione socio-economica e demografica per il PUC (Piano Urbanistico Comunale) del Comune di Sapri

Ferrari G
2017-01-01

Abstract

L’occasione della redazione del PUC del Comune di Sapri ha permesso di restituire un lavoro di ricerca sugli adolescenti del Golfo di Policastro condotto negli scorsi tre anni, che si ritiene di enorme importanza dal punto di vista sociologico e per comprendere le dinamiche dei mutamenti sul e del territorio. Di seguito si riportano alcune parti di questa ricerca, che potranno essere d’interesse per la costruzione di un valido PUC per la città di Sapri. Questo lavoro di ricerca nasce nel 2012, all’indomani dell’accordo di collaborazione per la costituzione di un Osservatorio per le Politiche Sociali e la Qualità della Vita stipulato tra il Sindaco di Sapri, Giuseppe Del Medico e il Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche (DSPSC), Sociali e della Comunicazione dell’Università di Salerno, Annibale Elia. L’Osservatorio, nato grazie alla volontà di Paolo Diana del RisaLab, DSPSC, di Giovannipaolo Ferrari della Dalian University of Foreign Languages, RisaLab, DSPSC dell’Università di Salerno e Università Paul Valéry Montpellier III e del Vicesindaco e Assessore alla Sanità e alle Politiche Sociali del Comune di Sapri, Marco Martorano; fin dalla sua costituzione ha perseguito l’obiettivo di porre l’attenzione dell’azione congiunta delle istituzioni sull’edificazione e implementazione di nuove politiche pubbliche per il territorio e allo stesso tempo monitorare le condizioni sociali della popolazione attraverso un controllo costante d’indici e tendenze esplicativi, relativi alla qualità della vita. A tal proposito, concordemente, le parti hanno deciso di avviare un percorso di ricerca sulle adolescenze dal titolo: Adolescenti nel Golfo di Policastro: aspettative, bisogni e orientamenti valoriali. Si è partiti dalla convinzione che costruire significati e creare nessi costituisca una bussola necessaria all’interno della “liquidità” in cui ci “muoviamo” e in cui “danzano” le culture giovanili. L’ipotesi da cui muove l’intervento è la convinzione che creare occasioni di condivisione e costruzione di significati costituisca un fattore protettivo nel processo identitario individuale e sociale. Costruire il proprio tempo, all’interno di relazioni coinvolgenti significative, costituisce uno dei compiti dell’adolescenza. Gli adolescenti si muovono lungo un confine indefinito, tra possibile e impossibile, tra il non più e il non ancora, in una condizione di liminarità. Le ultime generazioni di adolescenti presentano delle specificità di struttura identitaria in qualche modo riferibili a ciò che gli studiosi identificano con termini come “patchwork”, “post-moderna” o “liquida” (Baumann 2008); facendo riferimento agli effetti che le modificazioni socio-culturali producono sul soggetto. Il venir meno di certezze consolidate, se da una parte ha determinato un accrescimento del senso di precarietà dell’individuo, dall’altro ha trasformato il campo delle sue appartenenze, non più caratterizzato dall’esclusività, ma dalla pluralità e fluidità. L’“Io”, per essere tale, deve essere paradossalmente molteplice, cangiante e mobile. La conseguente frammentazione o fluidificazione dell’identità, lungi dall’essere interpretabile come mera patologia, rappresenta una conditio sine qua non per l’adattamento alle mutate esigenze sociali. Accanto, a rendere complicato il già complesso compito della formazione dell’identità vi è la tendenza a patologizzare gli elementi di cambiamento delle nuove soggettività. All’interno della società “liquido-moderna, le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. Il carattere liquido della vita e quello della società si alimentano e si rafforzano a vicenda. La vita liquida, come la società liquido-moderna, non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo. In una società liquido-moderna gli individui non possono concretizzare i propri risultati in beni duraturi: in un attimo, infatti, le attività si traducono in passività e le capacità in incapacità. Le condizioni in cui si opera e le strategie formulate in risposta a tali condizioni invecchiano rapidamente e diventano obsolete prima che gli attori abbiano avuto una qualche possibilità di apprenderle correttamente. È incauto dunque trarre lezioni dall'esperienza e fare affidamento sulle strategie e tattiche utilizzate con successo in passato: anche se qualcosa ha funzionato, le circostanze cambiano in fretta e in modo imprevisto (e, forse, imprevedibile). Provare a capire come andrà in futuro sulla base di esperienze pregresse diventa sempre più azzardato e sin troppo fuorviante. Fare ipotesi attendibili diventa via via più difficile, e le previsioni infallibili sono fuori dal mondo: le variabili dell'equazione sono tutte, o quasi, incognite e non esistono stime delle loro tendenze future che si possano considerare completamente e realmente affidabili. La vita liquida è, insomma, una vita precaria, vissuta in condizioni di continua incertezza” (Baumann 2005). Il processo di globalizzazione ha determinato il tramonto dei tradizionali meccanismi di protezione sociale e di redistribuzione, senza definire le modalità con cui costruire nuovi modelli e nuovi diritti di cittadinanza. La globalizzazione sta cambiando profondamente le nostre vite costringendoci ad adottare traiettorie nuove, strane, certamente diverse per tracciare i nostri percorsi di vita, per costruire le nostre identità. Sono identità che dobbiamo imparare ad inventare quotidianamente, anche più volte tra l’alba e il tramonto di uno stesso giorno. L’identità non è più una, riconoscibile, indivisibile, solida. Adesso è un puzzle e i suoi pezzi sono tenuti insieme con grande fatica: convivono forzatamente, si sostituiscono e si scambiano, si succedono in una corsa senza fine. La faticosa ricerca dell’identità da parte dell’individuo postmoderno è illustrata attraverso le metafore e le definizioni utilizzate da Baumann. Esse spiegano come, chi oggi cerchi un’identità, si trovi inevitabilmente ad affrontare percorsi che, nella maggioranza dei casi, non riuscirà a completare se non in un orizzonte di tempo infinito. L’individuo ha l’arduo compito di far quadrare il cerchio, tra innumerevoli scelte da fare e poi da rivedere, nella conciliazione di esigenze contraddittorie e incompatibili, sempre in movimento e con l’inevitabile sensazione di sentirsi “fuori posto” in qualsiasi luogo. È un individuo che prova a galleggiare verso una deriva sconosciuta, che non sa neanche se sarà provvisoria o permanente. Per lui, sarà inaccessibile qualsiasi luogo, qualsiasi identità che siano definibili come “finali”, come un tuffo quotidiano in mare aperto senza giubbotto-salvagente. A caratterizzare ulteriormente la sensazione di trovarsi “in mare aperto”, la vita si svolge all’interno di “nonluoghi”. “Se un luogo può definirsi come identitario, relazionale, storico, uno spazio che non può definirsi né identitario, né relazionale, né storico, definirà un nonluogo. Il nonluogo è il contrario di una dimora, di una residenza, di un luogo nel senso comune del termine. E al suo anonimato, paradossalmente, si accede solo fornendo una prova della propria identità: passaporto, carta di credito, ecc…” (Augé 1992). È proprio su questi aspetti che Baumann fa intravedere un ruolo importante del settore pubblico: la creazione di spazi collettivi per vincere la paura del diverso, luoghi che riconoscono il valore della diversità dal punto di vista della creatività e dell’arricchimento di vita, incoraggiando le differenze a impegnarsi in un dialogo dotato di significato. Gli spazi pubblici, i nonluoghi, fungono così da catalizzatori dell’integrazione sociale, capaci di valorizzare la connessione e soprattutto la comunicazione. “Il luogo e il nonluogo sono piuttosto delle polarità sfuggenti: il primo non è mai completamente cancellato e il secondo non si compie mai totalmente – palinsesto in cui si reinscrive incessantemente il gioco misto dell’identità e della relazione, tuttavia i nonluoghi rappresentano l’epoca, ne danno una misura quantificabile. (...) Ai fini di una comunicazione così peculiare che spesso mette l’individuo in contatto con un’altra immagine di se stesso. La distinzione tra luogo e non luogo passa attraverso l’opposizione del luogo con lo spazio. Nella realtà concreta del mondo di oggi, i luoghi e gli spazi, i luoghi e i nonluoghi si incastrano, si compenetrano reciprocamente. La possibilità del nonluogo non è mai assente da un qualsiasi luogo; il ritorno al luogo è il rimedio cui ricorre il frequentatore di nonluoghi (che sogna, per esempio, una seconda casa radicata nel più profondo del territorio). Luoghi e nonluoghi si oppongono (o si evocano) come i termini e le nozioni che permettono di descriverli” (Augé 1992). Bauman ha paragonato il concetto di modernità e post-modernità rispettivamente allo stato “solido” e “liquido” della società. Nella modernità la morale è la regolazione coercitiva dell'agire sociale attraverso la proposta di valori o leggi universali a cui nessun uomo ragionevole (la razionalità è caratteristica della modernità) può sottrarsi. Non si può, invece, parlare di un'unica morale post-moderna, perché la fine delle “grandi narrazioni” del Novecento ha reso impossibile la pretesa di verità assolute, così ci troviamo in uno scenario abitato da tante morali coesistenti. Da qui deriva la metafora della “liquidità”, contrapposta all'organizzazione sociale che si costituisce attraverso principi di valore saldi e solidi. L'uomo post-moderno è orfano di una morale, di un contenitore collettivo e di un codice di comportamento sociale assoluto e unico. L'incertezza è l'aspetto che lo caratterizza. La descrizione di soggetto che Baumann propone aderisce esattamente alla condizione degli adolescenti. Questi ultimi rapresentano il campione sociologico più indicativo del processo di trasformazione in atto. La condizione adolescenziale per le sue caratteristiche intrinseche di vitalità e precarietà, segnala con intensità particolarmente evidente l'impatto che le trasformazioni socio-culturali producono sui soggetti e l'adolescenza diviene in questo scenario la popolazione target per indagare gli sviluppi sociali futuri nella sua totalità: una sorta d’indicatore di “disagio della modernità”. La crisi riguardo alla certezza e solidità degli organizzatori sociali e identitari sembra che vada a definire la condizione adolescenziale. Plebani (ma anche Galimberti) vede il problema della costruzione dell'identità giovanile come strettamente correlato al momento storico-culturale in cui è preso in considerazione. Nell'epoca post-moderna, in cui entrano in crisi i fondamenti di verità tradizionali, in cui la realtà assume un’insopportabile carattere di contingenza, mentre nel contempo viene offerta un’eccedenza di opportunità, emergono forme inedite di individuazione e identificazione, con un grande cambiamento nella sfera dell'etica. Finzi e Battistin vedono appunto nell’“incertezza” il termine che meglio definisce questo periodo di vita: incerto il modo di agire degli adolescenti, incerti i ruoli genitoriali, incerti i valori di riferimento, incerti i confini temporali dell'adolescenza, incerta anche la chiave di lettura psicologica del possibile. L'incertezza genera nell'adolescente una condizione di “aleatorietà”, di “sospensione”. Una condizione mentale che si ripercuote sul vivere dell'adolescente, che spesso si trasforma in un “nulla quotidiano”, ben più invadente e invasivo rispetto alla semplice incertezza. In questa fase l'adolescente si riempie di “un vuoto di senso”, quel vuoto di senso che non appare all'esterno, ma che abita all'interno, quel “nulla” che abita tutto, ma non appare, perciò stesso “invisibile” (Diamanti 1999).
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11386/4806495
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