L’utilizzo vieppiù pervasivo e diffuso dei dispositivi mobili (gli smartphone) ha dischiuso l’accesso ad “ambienti comunicativi” nei quali possiamo vivere; ciò ha, evidentemente, richiesto il passaggio da una visione puramente tecnologica ad una culturale.La “conoscenza complessa” deve, pertanto, riconoscere questa multidimensionalità, che è, anzitutto, etica, sociale e cognitiva, e assumere un approccio sistemico che colga l’inter-retroazione permanente tra tutte le dimensioni umane, senza commettere l’errore di isolare una parte dal tutto, o una parte dall’altra. L’(iper)complessità degli ecosistemi digitali della comunicazione, favorita da un (esponenziale) aumento qualitativo delle variabili e un’accelerazione senza freno di tutti i processi, nella quale si è posti nella condizione di dover processare una mole mastodontica di informazioni, richiede, secondo Morin, un’”intelligenza generale”, che possa superare le compartimentazioni specialistiche in cui è stato confinato il pensiero; perché la conoscenza specialistica è una forma di “astrazione”, ovvero possiede l’effetto di astrarre l’oggetto dal suo contesto e dal suo insieme, rendendone sempre più difficile la contestualizzazione e la comprensione. Altro errore sarebbe ancora quello di separare dimensioni e prospettive che sono, invece, strettamente intrecciate le une alle altre: mi riferisco al nesso essenziale che pone in rapporto tecnologia e cultura.
La Complessità
Luigi Somma
2022-01-01
Abstract
L’utilizzo vieppiù pervasivo e diffuso dei dispositivi mobili (gli smartphone) ha dischiuso l’accesso ad “ambienti comunicativi” nei quali possiamo vivere; ciò ha, evidentemente, richiesto il passaggio da una visione puramente tecnologica ad una culturale.La “conoscenza complessa” deve, pertanto, riconoscere questa multidimensionalità, che è, anzitutto, etica, sociale e cognitiva, e assumere un approccio sistemico che colga l’inter-retroazione permanente tra tutte le dimensioni umane, senza commettere l’errore di isolare una parte dal tutto, o una parte dall’altra. L’(iper)complessità degli ecosistemi digitali della comunicazione, favorita da un (esponenziale) aumento qualitativo delle variabili e un’accelerazione senza freno di tutti i processi, nella quale si è posti nella condizione di dover processare una mole mastodontica di informazioni, richiede, secondo Morin, un’”intelligenza generale”, che possa superare le compartimentazioni specialistiche in cui è stato confinato il pensiero; perché la conoscenza specialistica è una forma di “astrazione”, ovvero possiede l’effetto di astrarre l’oggetto dal suo contesto e dal suo insieme, rendendone sempre più difficile la contestualizzazione e la comprensione. Altro errore sarebbe ancora quello di separare dimensioni e prospettive che sono, invece, strettamente intrecciate le une alle altre: mi riferisco al nesso essenziale che pone in rapporto tecnologia e cultura.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.