Nei primi canti dell’Inferno Dante dichiara fra le righe il compito che si sente chiamato a svolgere in quanto “poeta cristiano”: da una parte egli è invitato ad argomentare con il rigore del discorso scientifico le verità fondamentali della religione; dall’altra gli è affidato l’incarico di attrarre il lettore nella lettura anagogica di tali verità ricorrendo alle fascinazioni allegoriche della poesia. Portando a compimento tale missione, Dante assicurerà a se stesso e ad altri esseri umani la conquista della perfezione antropologica naturale, che culmina dopo la morte terrena nel ritorno alle condizioni metafisiche che si sarebbero attuate in Adamo se non avesse peccato. Questa concezione è già operante in alcune pagine della Vita nova e del Convivio, ma è soprattutto nella Commedia che Dante fa volentieri ricorso a tali tecniche in modo originale e particolarmente efficace. Un esempio illuminante si ha quando nel Canto III dell’Inferno la poesia descrive l’insieme vorticoso e apparentemente disarmonico e privo di senso, dei suoni che emergono dalla cavità infernale, basandosi non solo sull’applicazione evidente di almeno un paio di precisi artifici retorici, ma soprattutto sull’evocazione formalmente rigorosa delle regole della dialettica (secondo la terminologia in uso nelle scuole): la riuscita di questa operazione dipende dalla capacità, nel lettore, di riscoprire il significato autentico della terminologia scientifica volta in poesia e utilizzata per illustrare le verità della fede e la nuova bellezza della sintesi tra arte poetica e discipline del trivium.
La voix de l’abîme. L’herméneutique du mal dans Inf. III, 25-27
Giulio d'Onofrio
2024-01-01
Abstract
Nei primi canti dell’Inferno Dante dichiara fra le righe il compito che si sente chiamato a svolgere in quanto “poeta cristiano”: da una parte egli è invitato ad argomentare con il rigore del discorso scientifico le verità fondamentali della religione; dall’altra gli è affidato l’incarico di attrarre il lettore nella lettura anagogica di tali verità ricorrendo alle fascinazioni allegoriche della poesia. Portando a compimento tale missione, Dante assicurerà a se stesso e ad altri esseri umani la conquista della perfezione antropologica naturale, che culmina dopo la morte terrena nel ritorno alle condizioni metafisiche che si sarebbero attuate in Adamo se non avesse peccato. Questa concezione è già operante in alcune pagine della Vita nova e del Convivio, ma è soprattutto nella Commedia che Dante fa volentieri ricorso a tali tecniche in modo originale e particolarmente efficace. Un esempio illuminante si ha quando nel Canto III dell’Inferno la poesia descrive l’insieme vorticoso e apparentemente disarmonico e privo di senso, dei suoni che emergono dalla cavità infernale, basandosi non solo sull’applicazione evidente di almeno un paio di precisi artifici retorici, ma soprattutto sull’evocazione formalmente rigorosa delle regole della dialettica (secondo la terminologia in uso nelle scuole): la riuscita di questa operazione dipende dalla capacità, nel lettore, di riscoprire il significato autentico della terminologia scientifica volta in poesia e utilizzata per illustrare le verità della fede e la nuova bellezza della sintesi tra arte poetica e discipline del trivium.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.