Il male che resta. Armi e guerra in utopia tra Cinque e Seicento

Mentre il progetto utopico si presenta come un progetto redentivo dei diversi mali che affliggono l'umanità portando prosperità e felicità agli abitanti delle società che si sono avviate sul cammino della "rinascita", esso sembra scontare un atteggiamento conservativo in merito al problema dello Stato e della sua titolarità del monopolio della violenza. Lasciandosi attraversare da tratti di acuto realismo i progetti utopici tra Cinque e Seicento anche quando riconoscono nella guerra solo la loro genesi non smettono di pensare allo Stato come armato e sovente impegnato in azioni belliche. Il volume analizzando i modi della presenza delle armi nelle irraggiungibili isole di utopia, più che riconoscere una incoerenza nel progetto, mette in luce come la recezione critica nei confronti della recente scoperta americana spinga le utopie ad una lor difesa armata altrimenti inutile o addirittura impensabile