The paper aims to investigate the contribution that European philologists (above all Bedier, Wadstein, Kuttner and, among the Italians, Pasquali, Vitelli, Ramorino) gave to their respective countries in arms during the First World War. The engagement of Italian philologists is part of a wider movement of intellectuals’ enlistment, which involved all warring nations, from Russia to the United States. To review the role of Italian philologists will also offer the occasion to re-visit the heated debate that developed in Italy during the first decades of the 20th century on the value and meaning of the term “philology”. The debate not only focussed on specific aspects and contents of the philological method, but questioned the legitimacy of philology itself: encouraged by the outbreak of the First World War, it acquired rough anti-German nationalistic trends in the reflection of some scholars (i.e. Fraccaroli and, with demagogical and coarser nuances, Romagnoli). Against Fraccaroli and Romagnoli’s anti-philological crusade stood, with different sensibilities and purposes, the philological school of Florence, led by Vitelli, and the Società Italiana per la Diffusione e l’Incoraggiamento degli Studi Classici di Firenze, with one of its most important members, Ramorino. Both Vitelli and Ramorino warned against the dangers of rejecting the German philological tradition all together and against the possible negative consequences of this choice on the Italian academic and scientific process.

Il saggio ripercorre il contributo che i filologi europei (sopra tutti: Bedier, Wadstein, Kuttner, e, tra gli italiani, Pasquali, Vitelli, Ramorino) hanno dato alle rispettive patrie in armi durante il primo conflitto bellico. Parte di quel più ampio fenomeno di arruolamento delle intelligenze e di corsa degli intellettuali verso la guerra – che ha interessato tutti i paesi coinvolti nel conflitto, dalla Russia agli Stati Uniti – la ricostruzione del ruolo dei filologi italiani costituisce l’occasione per ripercorrere l’aspro dibattito sviluppatosi nei primi decenni del XX sec. in Italia intorno al valore e al significato di ‘filologia’; dibattito che non ebbe per oggetto soltanto singoli aspetti e contenuti del metodo filologico, ma investì la legittimità stessa della filologia e che in alcuni critici (Fraccaroli e, con accenti più volgari e demagogici, Romagnoli) assunse – complice per l’appunto l’inizio della Prima Guerra Mondiale – toni di rozzo nazionalismo antitedesco. Contro questa vera e propria crociata/campagna antifilologica intervennero, con sensibilità e finalità differenti, la scuola filologica fiorentina, capeggiata da Vitelli, e la Società Italiana per la Diffusione e l’Incoraggiamento degli Studi Classici di Firenze, con uno dei suoi membri più importanti, Ramorino. A loro va il merito di aver messo in guardia dai pericoli che un fanatico rifiuto della tradizione filologica tedesca avrebbe comportato all’intero processo scientifico della cultura italiana.

1914-1918: la guerra, i filologi e l'Europa

Verio Santoro
2019-01-01

Abstract

The paper aims to investigate the contribution that European philologists (above all Bedier, Wadstein, Kuttner and, among the Italians, Pasquali, Vitelli, Ramorino) gave to their respective countries in arms during the First World War. The engagement of Italian philologists is part of a wider movement of intellectuals’ enlistment, which involved all warring nations, from Russia to the United States. To review the role of Italian philologists will also offer the occasion to re-visit the heated debate that developed in Italy during the first decades of the 20th century on the value and meaning of the term “philology”. The debate not only focussed on specific aspects and contents of the philological method, but questioned the legitimacy of philology itself: encouraged by the outbreak of the First World War, it acquired rough anti-German nationalistic trends in the reflection of some scholars (i.e. Fraccaroli and, with demagogical and coarser nuances, Romagnoli). Against Fraccaroli and Romagnoli’s anti-philological crusade stood, with different sensibilities and purposes, the philological school of Florence, led by Vitelli, and the Società Italiana per la Diffusione e l’Incoraggiamento degli Studi Classici di Firenze, with one of its most important members, Ramorino. Both Vitelli and Ramorino warned against the dangers of rejecting the German philological tradition all together and against the possible negative consequences of this choice on the Italian academic and scientific process.
2019
9788891319029
Il saggio ripercorre il contributo che i filologi europei (sopra tutti: Bedier, Wadstein, Kuttner, e, tra gli italiani, Pasquali, Vitelli, Ramorino) hanno dato alle rispettive patrie in armi durante il primo conflitto bellico. Parte di quel più ampio fenomeno di arruolamento delle intelligenze e di corsa degli intellettuali verso la guerra – che ha interessato tutti i paesi coinvolti nel conflitto, dalla Russia agli Stati Uniti – la ricostruzione del ruolo dei filologi italiani costituisce l’occasione per ripercorrere l’aspro dibattito sviluppatosi nei primi decenni del XX sec. in Italia intorno al valore e al significato di ‘filologia’; dibattito che non ebbe per oggetto soltanto singoli aspetti e contenuti del metodo filologico, ma investì la legittimità stessa della filologia e che in alcuni critici (Fraccaroli e, con accenti più volgari e demagogici, Romagnoli) assunse – complice per l’appunto l’inizio della Prima Guerra Mondiale – toni di rozzo nazionalismo antitedesco. Contro questa vera e propria crociata/campagna antifilologica intervennero, con sensibilità e finalità differenti, la scuola filologica fiorentina, capeggiata da Vitelli, e la Società Italiana per la Diffusione e l’Incoraggiamento degli Studi Classici di Firenze, con uno dei suoi membri più importanti, Ramorino. A loro va il merito di aver messo in guardia dai pericoli che un fanatico rifiuto della tradizione filologica tedesca avrebbe comportato all’intero processo scientifico della cultura italiana.
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