"Fedra" di Gabriele d’Annunzio: la scena del mito

Gabriele d’Annunzio’s Phaedra: The scene of the myth. The contribution, starting from the rediscovery of Ellas, analyses the art and performance of Phaedra at the Paris Opera House on June 7th 1923, in which the myth becomes archetype, metaphor and interpretative code of dramaturgical innovation. Léon Bakst’s evocative settings, tinged with an atmosphere of poetry and dreams, reconstitute a distant epoch. It is a ‘poetics of the marvellous and the sublime’, which arouses amazement and admiration in the audience. The originality of the work thus relates to a new figurative language, a projection of a nostos towards the past, which the spectator can rediscover. D’Annunzio was able to humanise the myth, enhancing the staging, the musicality and rhythm of the verse, sounds and voices alternating with silences full of foreboding, in order to create a modern drama

Il contributo, muovendo dalla riscoperta dell’Ellade, analizza l’arte di “Fedra” al Teatro dell’Opera di Parigi il 7 giugno 1923, in cui il mito diviene archetipo, metafora e codice interpretativo dell’innovazione drammaturgica. I suggestivi scenari di Léon Bakst, venati da un’atmosfera di poesia e di sogno, ricostituiscono un’epoca lontana. È una ‘poetica del meraviglioso e del sublime’, che suscita nel pubblico stupore e ammirazione. L’originalità dell’opera attiene dunque a un nuovo linguaggio figurativo, proiezione di un nostos verso il passato, che lo spettatore può ritrovare. D’Annunzio ha saputo umanizzare il mito, valorizzando la messinscena, la musicalità e il ritmo del verso, suoni e voci che si alternano a silenzi carichi di presagi, al fine di creare un dramma moderno