Il 9 novembre del 1989 la Germania trova la forza storica di riscattare l’ondata antisemita della notte dei Cristalli avvenuta 60 anni prima, nel 1938. Da quel momento, a parte il suo evidente significato politico, l’evento non ha segnato il semplice crollo di un muro, ma con esso l’occasione storica per una rivisitazione nel dialogo tra parti opposte del mondo. Il nord ricco rispetto al sud povero lasciava spazio, infatti, ad una dialettica tra oriente ed occidente che, non più in senso verticale, ma in senso orizzontale avrebbe segnato le sorti del mondo da lì in avanti. Ed alla stregua di ciò, e da allora in avanti, non tutto diventava più cosi empiricamente verificabile, dal momento che lo scontro tra culture trovava proprio nella indeterminatezza della lotta al terrorismo la sua ragione di “mobile” contrasto in nome di uno strumentale uso politico del diritto, laddove solo il recupero di un metodo democratico, in luogo di una violenza di sistema – si pensi all’abbattimento delle Torri Gemelle -, avrebbe potuto segnare nel tempo, e nell’ambito di un diritto della Terra, l’auspicabile affermazione di valori universalmente condivisi, e non eticamente imposti. Sulla base di una tale premessa, dunque, il problema della definizione della responsabilità penale tra oriente ed occidente porta evidentemente a confrontarsi con la capacità di un metodo che, nella sua verifica rispetto alla comparazione tra diritto penale turco ed italiano, fa della disobbedienza civile e della motivazione culturale al reato i possibili terreni di verifica della tenuta (anti)democratica di un sistema razionale di controllo mediante il ricorso ad una sanzione più grave solo così definitivamente sottratta ad una sua pur sempre possibile deriva promozionale-eticizzante dal carattere (tendenzialmente) autoritario in ossequio a funzioni, rispettivamente, manifeste ovvero latenti costantemente in agguato e lontane da una penalistica razionale, “civile” ed effettiva per quanto espressione di un costituzionalismo universale di una democrazia “aperta”.

IL DIRITTO PENALE TRA TOLLERABILE DISSENSO E MOTIVAZIONE CULTURALE AL REATO: LA COMPARAZIONE ITALO-TURCA ALLA PROVA DEL METODO DEMOCRATICO

Antonino Sessa
2025

Abstract

Il 9 novembre del 1989 la Germania trova la forza storica di riscattare l’ondata antisemita della notte dei Cristalli avvenuta 60 anni prima, nel 1938. Da quel momento, a parte il suo evidente significato politico, l’evento non ha segnato il semplice crollo di un muro, ma con esso l’occasione storica per una rivisitazione nel dialogo tra parti opposte del mondo. Il nord ricco rispetto al sud povero lasciava spazio, infatti, ad una dialettica tra oriente ed occidente che, non più in senso verticale, ma in senso orizzontale avrebbe segnato le sorti del mondo da lì in avanti. Ed alla stregua di ciò, e da allora in avanti, non tutto diventava più cosi empiricamente verificabile, dal momento che lo scontro tra culture trovava proprio nella indeterminatezza della lotta al terrorismo la sua ragione di “mobile” contrasto in nome di uno strumentale uso politico del diritto, laddove solo il recupero di un metodo democratico, in luogo di una violenza di sistema – si pensi all’abbattimento delle Torri Gemelle -, avrebbe potuto segnare nel tempo, e nell’ambito di un diritto della Terra, l’auspicabile affermazione di valori universalmente condivisi, e non eticamente imposti. Sulla base di una tale premessa, dunque, il problema della definizione della responsabilità penale tra oriente ed occidente porta evidentemente a confrontarsi con la capacità di un metodo che, nella sua verifica rispetto alla comparazione tra diritto penale turco ed italiano, fa della disobbedienza civile e della motivazione culturale al reato i possibili terreni di verifica della tenuta (anti)democratica di un sistema razionale di controllo mediante il ricorso ad una sanzione più grave solo così definitivamente sottratta ad una sua pur sempre possibile deriva promozionale-eticizzante dal carattere (tendenzialmente) autoritario in ossequio a funzioni, rispettivamente, manifeste ovvero latenti costantemente in agguato e lontane da una penalistica razionale, “civile” ed effettiva per quanto espressione di un costituzionalismo universale di una democrazia “aperta”.
2025
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